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Sos delle guardiacaccia volontarie: «Senza decreti siamo fermi»

Elisa Pederzoli
Sos delle guardiacaccia volontarie: «Senza decreti siamo fermi»

I patentini per controllare la caccia sono fermi in Provincia. E intanto la stagione venatoria si avvicina

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Reggio Emilia Guardiacaccia volontarie ferme da mesi: bloccati in Provincia i decreti di rinnovo dei “patentini”. In provincia di Reggio, ci sono novanta operatori senza abilitazione, impossibilitati a esercitare il controllo sul territorio. Da mesi, le guardie giurate venatorie volontarie di varie associazioni della provincia di Reggio sono ferme, impossibilitate a esercitare le loro funzioni a causa di un ritardo nel rinnovo del decreto abilitativo da parte dell’amministrazione provinciale. Il decreto, che deve essere rinnovato ogni due anni per permettere di operare legalmente sul territorio, è fermo da oltre otto mesi, e ad oggi non si hanno notizie certe sui tempi di rilascio. Sarebbero una novantina le posizioni in questo stato. Le conseguenze sono immaginabili: le guardie volontarie, pur essendo pubblici ufficiali formati, non possono svolgere controlli, fermare persone o verbalizzare eventuali infrazioni in ambito venatorio. Questo significa che durante le battute di caccia, e più in generale nei periodi di maggiore attività sul territorio, il controllo resti estremamente limitati dato che i controlli in questo settore si appoggiavano in maniera massiccia sui volontari, soprattutto da quando il corpo della polizia provinciale è andato riducendosi con gli effetti delle riforme che hanno toccato le Province.

«Abbiamo fatto regolarmente gli esami, superato i percorsi richiesti, e per legge ogni due anni va rinnovato il decreto - racconta una delle guardie in attesa -. Fino a poco tempo fa bastava una settimana per ottenere il rinnovo, ora sono passati otto mesi e non possiamo più operare. Non possiamo indossare la divisa, né chiedere i documenti, né intervenire in caso di infrazione: abbiamo le mani legate». Le guardie volontarie svolgono un compito fondamentale per la tutela della fauna selvatica e del territorio, collaborando con enti pubblici, associazioni venatorie e forze dell’ordine. Il loro ruolo è ancora più cruciale in una fase come questa, dove per contrastare il diffondersi della peste suina la caccia ai cinghiali resta aperta: «Se non possiamo controllare, chi si attiene alle regole si sente preso in giro, mentre chi trasgredisce si sente libero di fare ciò che vuole», fanno sapere.

Ma la preoccupazione è rivolta già ai prossimi mesi, quando ricomincerà la stagione venatoria vera e propria. «Noi lavoriamo da anni con dedizione, anche all’interno di aziende faunistico-venatorie private - sottolineano -. Lo facciamo per il bene comune, ma ora ci sentiamo abbandonati». Con la polizia provinciale fortemente ridimensionata, le guardie volontarie rappresentano spesso l’unica presenza sul territorio in grado di vigilare sull’attività venatoria. Per questo chiedono con urgenza alla Provincia di sbloccare i decreti, dando seguito a un procedimento che non dovrebbe richiedere mesi.

«Non chiediamo privilegi - concludono i guardiacaccia -. Chiediamo solo di poter fare il nostro lavoro, con gli strumenti previsti dalla legge. Per la legalità, per la fauna, per tutti». Abbiamo chiesto spiegazioni a Lorenzo Ferrari, responsabile della polizia provinciale di Reggio, che conferma che il problema è noto e che si sta lavorando per trovare una soluzione: il nodo è di natura normativa. «Da alcuni mesi - prosegue Ferrari - siamo impegnati in un approfondimento per capire se la normativa precedente, che regola le guardie volontarie in materia di vigilanza venatoria, sia compatibile con l’attuale Codice del Terzo Settore. L’intenzione è salvaguardare l’intero sistema, ma è una questione complessa, e trovare un percorso formalmente corretto si sta rivelando più difficile del previsto». Intanto, però, la necessità di vigilanza resta alta. «Negli anni abbiamo fatto molto affidamento su queste figure - riconosce Ferrari -. La polizia provinciale ha subito una forte riduzione di organico dopo la riforma delle Province. La vigilanza venatoria si concentra in pochi mesi l’anno, ma richiede presenza capillare sul territorio. Per questo il contributo volontario è da sempre uno dei pilastri operativi».