Dazi Trump, a rischio il mercato del Lambrusco: «Il 30% colpirà molti produttori»
Alessandro Medici, amministratore delegato della Medici Ermete, storica cantina reggiana, è tra i principali esportatori di vino italiano negli Usa: «Le vendita erano in crescita prima dell’annuncio del presidente americano»
Reggio Emilia Predica cautela, anche dopo l’invio della lettera di Trump alla presidente della Commissione europea, Alessandro Medici, amministratore delegato della Medici Ermete, storica cantina reggiana che con le sue varietà di Lambrusco è tra i principali esportatori di vino italiano negli Usa. «Il mercato del vino - dice l’imprenditore - sta vivendo un momento di contrazione, rispetto a cui, però, il Lambrusco è in controtendenza. Il nostro vino, infatti, continua a crescere nelle vendite. Questo, prima che arrivasse l’annuncio dei dazi al 30%».
Vale a dire quando si temeva l’arrivo di questi dazi ma si stimava che potessero essere molto più bassi…
«È così. Lo scenario di tariffe in aumento del 10% era per noi perfettamente assorbibile: proprio in ragione di quella crescita a cui assistiamo ancora oggi si prevedeva che il settore avrebbe assorbito il colpo semplicemente rallentando l’ascesa. Con le tariffe al 30% la musica cambia decisamente...».
È un urto che non si riuscirà a reggere, quindi?
«Sicuramente i dazi al 30% mettono a durissima prova le aziende di questo settore, per le quali gli Usa costituiscono un mercato di riferimento, non l’unico, ma comunque un mercato importante. Si tratta di aumenti che mettono davvero a rischio tutta la filiera del settore vitivinicolo dell’Emilia Romagna. Ne sono talmente convinto che, se me lo consente, vorrei fare un appello proprio alla nostra clientela reggiana, affinché in questo momento contribuisca a sostenere anche il nostro mercato interno, in attesa che si trovino le misure per affrontare questa situazione particolarmente delicata a livello mondiale».
Qualcuno più ottimista sostiene che l’agroalimentare italiano sia in grado di sopportare anche dazi di questo tipo, perché si rivolge a un tipo di clientela disposta a spendere…
«In questo caso, davvero, non parlerei di ottimismo, ma di una visione utopistica. Pensare che sia una questione di qualche dollaro in più è completamente fuori luogo non vale certo per il nostro prodotto».
Da cosa deriva questa sua convinzione?
«Oggi negli Usa noi commercializziamo un prodotto che ha una sua fascia di prezzo, che oscilla tra i 12.99 e i 18.99 dollari a bottiglia. Applicare a questi prezzi i dazi al 30% significherebbe per il nostro vino finire in una categoria superiore in cui dovremo fronteggiare un mercato completamente nuovo che non è il nostro».
L’alternativa ai dazi è la ricerca di nuovi mercati?
«Certo, al punto che per quanto ci riguarda abbiamo già conquistato importanti quote di mercato in Canada, dove il Lambrusco sta facendo registrare un autentico exploit e dove dovremo certamente implementare la nostra presenza, sfruttando anche la vicinanza con le rotte verso gli Usa. Poi ci sono altri mercati emergenti verso i quali occorre ora dedicarsi con attenzione: penso ai mercati africani o a quello indiano che oggi però hanno barriere doganali che occorre superare. Parliamo di costi che oggi portano a moltiplicare i nostri prezzi per venti».
Per conquistare queste quote di mercato come ci si muove? Singolarmente? Come filiera? O politicamente affidandoci alle istituzioni?
«Per quella che è la nostra esperienza sarebbe un grave errore muoversi in ordine sparso. Devono invece essere le istituzioni a fare accordi al più alto livello possibile».