Lauree “mutilate”, Unimore scrive al ministero: «Serve una sanatoria nazionale»
E’ cambiata la posizione dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Intanto i sindacati insorgono: «Come Cisl siamo pronti a sostenere le educatrici anche in sede legale»
Reggio Emilia Una laurea conquistata con fatica, anni di studio, stage, esami. E poi l’improvvisa scoperta: quel titolo non vale più. È quanto sta accadendo a centinaia di educatrici e educatori laureati all’Università di Modena e Reggio Emilia tra il 2017 e il 2019, rimasti oggi in un limbo normativo che rischia di tagliarli fuori dai concorsi pubblici e dai servizi per l’infanzia. Il nodo nasce da un vuoto legislativo, come ammesso dallo stesso Ministero dell’Università, che ha riguardato le lauree L-19 in Scienze dell’Educazione prive di uno specifico indirizzo 0–3 anni. Una situazione che coinvolge a livello nazionale migliaia di professionisti e che Unimore ha cercato di affrontare «con trasparenza e impegno», come conferma in una nota ufficiale.
Di fronte alla gravità della situazione, l’Università ha inviato al ministero una dettagliata relazione tecnica, chiedendo a gran voce una sanatoria nazionale. Il Ministero, dal canto suo, ha annunciato l’intenzione di intervenire con un emendamento al cosiddetto “Decreto Università” per risolvere il problema in modo strutturale. A sostegno delle educatrici scendono in campo anche i sindacati. Ciro Fiore, segretario aggiunto di Cisl Scuola Emilia Centrale, parla di «grave distorsione giuridica» e di «violazione del principio di legittimo affidamento». «Quella laurea – afferma – era un diritto, non un favore. Non possiamo permettere che il valore di un titolo di studio dipenda dal codice di avviamento postale».
Il riferimento è alla disparità di trattamento tra territori: in alcune regioni le lauree L-19 sono riconosciute, in altre no. «Una situazione inaccettabile – continua Fiore – che getta nello sconforto centinaia di lavoratrici e lavoratori. La Cisl è pronta a sostenerli anche in sede legale». Anche Fp Cgil e Uil Fpl chiedono una soluzione immediata e definitiva. In una lettera indirizzata all’Anci regionale, i sindacati sollecitano una presa di posizione netta dei Comuni dell’Emilia-Romagna, affinché non ostacolino l’accesso alla professione da parte di chi è rimasto coinvolto in questa «vergognosa vicenda». Ma il problema è anche più ampio. Cgil e Uil chiedono di aprire un tavolo per discutere della tenuta dei servizi educativi pubblici, dei processi di reinternalizzazione e dell’equiparazione dei trattamenti economici per chi svolge le stesse mansioni con contratti diversi. «I servizi all’infanzia vanno tutelati, non affossati», scrivono.
Intanto, nelle piazze e sui social, si alza il grido di chi si sente tradito: «La laurea ce la siamo sudata, voi ce l’avete negata». Una frase che racchiude tutta la frustrazione di chi si vede negare oggi, retroattivamente, il diritto a svolgere la professione per cui ha studiato. Una soluzione normativa è all’orizzonte. Ma il tempo stringe. E con l’avvio dell’anno scolastico alle porte, ogni giorno che passa rischia di compromettere il futuro lavorativo di centinaia di educatrici e la qualità dei servizi per l’infanzia in tutta Italia.