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L’intervista

Bibbiano, la storia di Elena Tamagnini tra le poche donne in Italia laureate in ingegneria nucleare

Jacopo Della Porta
Bibbiano, la storia di Elena Tamagnini tra le poche donne in Italia laureate in ingegneria nucleare

La 25enne reggiana ha conseguito la laurea al Politecnico di Torino

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Bibbiano Si è laureata con 110 e lode al Politecnico di Torino in Ingegneria Energetica e Nucleare, indirizzo Sustainable Nuclear Energy. Elena Tamagnini, 25 anni, di Bibbiano, ha scelto un settore che in Italia è stato messo da parte da tempo, ma che torna ciclicamente al centro del dibattito energetico.

Ci racconti il suo percorso formativo.

«Ho frequentato il liceo scientifico Ariosto Spallanzani di Reggio. Dopo il diploma, mi sono iscritta a Ingegneria Meccatronica all’Università di Modena e Reggio. Poi ho proseguito con la magistrale al Politecnico di Torino».

Le discipline Stem - scienza, tecnologia, ingegneria e matematica - vedono ancora oggi una presenza femminile inferiore rispetto a quella maschile. Lei ha riscontrato questo squilibrio?

«Sì, decisamente. Il primo giorno a Meccatronica eravamo meno di dieci ragazze su oltre cento studenti. Eppure, rispetto ad altri anni, eravamo considerate "tante". Alla fine molte di noi sono arrivate alla laurea, forse anche più della media maschile».

Come si è avvicinata al nucleare?

«Ho sempre avuto interesse per la fisica e i temi legati alla radioattività. Durante la triennale ho svolto la tesi in Olanda, in un’azienda vicina a un centro di ricerca nucleare. È stata un’esperienza che mi ha orientato in modo decisivo».

Ha quindi scelto Torino per la magistrale. Com’è stata questa esperienza?

«Molto positiva. Il corso è in inglese e impegnativo, ma Torino è una città accogliente. Il livello dell’insegnamento è alto e l’ambiente internazionale. Eravamo una trentina, con una presenza femminile un po’ più alta rispetto alla triennale».

Di cosa si è occupata nella tesi di laurea?

«Dei superconduttori impiegati nei reattori a fusione, usati per creare i magneti che confinano il plasma. È un ambito legato alla ricerca sulla fusione nucleare, che potrebbe rivoluzionare il settore nei prossimi decenni».

Crede che la fusione sia davvero una strada percorribile?

«Penso di sì, anche se serviranno tempo e risorse. La fusione è complessa ma promettente. Quanto ci vorrà non lo so: forse dieci anni, forse trenta».

Tornando alla fissione: come risponde a chi la considera una tecnologia superata?

«Il dibattito in Italia è legato a eventi come Chernobyl, ma la tecnologia è cambiata. I nuovi reattori sono passivamente sicuri e le scorie, per quanto temute, sono poche e gestibili. Il nucleare non sostituisce le rinnovabili, ma può integrarle garantendo continuità nella produzione».

In Italia il settore è fermo. Quali prospettive vede per il suo futuro?

«Vorrei fare un’esperienza all’estero, magari con un dottorato. In Italia la ricerca è attiva, ma le opportunità di lavoro nel settore industriale sono limitate. Valuterò entrambe le strade».