Inalca dismette l’attività produttiva al Tondo. Il Comune: «Ora l’azienda deve bonificare l’area»
Occorrerà infatti rimuovere tutte quelle parti della struttura che non erano state rimosse perché oltre a essere sotto sequestro erano pericolanti
Dalle ceneri e dai rottami del Tondo arrivano due notizie, una attesa e l’altra decisamente scontata ma che fino a pochi giorni fa non aveva i crismi dell’ufficialità. A oltre sei mesi di distanza dalla notte dell’incendio che ha mandato in fumo lo stabilimento dell’Inalca e l’attiguo magazzino di Quanta Stock & Go, ora si possono finalmente concludere le operazioni di sgombero dell’intera area. Venerdì scorso, la procura della Repubblica ha notificato il dissequestro di quella porzione su cui sorgeva lo stabilimento del gruppo Cremonini per la lavorazione delle carni poi destinate alla grande distribuzione organizzata.
Via dal Tondo
La notizia scontata, che adesso è ufficiale, è che Inalca ha comunicato ufficialmente ad Arpae la dismissione dell’attività produttiva. Nessuno ci sperava, e infatti non accadrà: Inalca non risorgerà dalle sue ceneri come l’araba fenice. Anzi, il silenzio tombale calato sulla trattativa sindacale viene letto da tutti come la decisione di non aprire alcun sito produttivo in provincia di Reggio. Su questo fronte, ora sarà interessante sapere quale strada deciderà di imboccare il proprietario dell’area. Già, il proprietario. Si fa presto a chiamarlo così: l’area su cui sorgeva Inalca è di proprietà della società immobiliare Sirio (controllata da Unipeg società in liquidazione, e a cui partecipano anche Transcoop e Coopservice) che a sua volta è controllata da un leasing, diviso tra la società Sarda Leasing (gruppo Bper) e la “cassaforte” delle coop, la Fin4Coop, nuovo nome di quello che un tempo era il Ccfs. I prossimi mesi saranno interessanti per capire chi gestirà questa partita immobiliare e quale ruolo deciderà di giocare il Comune su un’area alle porte della città che per troppo tempo ha avuto come “vicino di casa” un insediamento industriale decisamente fuori scala per quella zona di Reggio.
Via i sigilli
Quanto al definitivo dissequestro dell’area, va detto che riguarda l’unica parte di tutto il complesso a cui non erano ancora stati tolti i sigilli. La notifica è stata inviata - oltre che al Comune ed Ausl e Arpae, ovvero le altre autorità competenti che in questi mesi si sono occupate a più riprese degli effetti di questo incendio – anche alla società di leasing che risulta proprietaria dell’area e al conduttore, ovvero alla stessa Inalca.
Ai ferri corti
E proprio a Inalca si rivolge ora il Comune, e il tono perentorio con cui lo fa è figlio dei rapporti che in questi mesi – tra l’azienda del gruppo Cremonini e l’amministrazione comunale – si sono decisamente deteriorati. È accaduto quando, nella primavera scorsa, i vertici dell’azienda avevano fatto sapere al Comune di non essere disposti a sobbarcarsi ulteriori bonifiche all’esterno come inizialmente avevano fatto ma come poi hanno smesso di fare. In quella occasione il sindaco Marco Massari e l’assessora all’ambiente e alla protezione civile Carlotta Bonvicini non la presero benissimo. Il sindaco Massari firmò una ordinanza per avocare a sè i lavori di bonifica esterna, sottolineando l’intenzione di rivalersi poi in sede di risarcimento, verso l’azienda che si era chiamata fuori. Poi – nelle settimane di fine maggio, roventi per le temperature e per le polemiche legate ai miasmi di cui era ostaggio il quartiere – vi fu un altro episodio che incrinò ulteriormente i rapporti tra Inalca e il Comune: quando il procuratore della Repubblica Calogero Gaetano Paci svelò che già un mese prima aveva dispiosto il dissequestro di una porzione di area. Dove però Inalca – si scoprì proprio in quei giorni – non aveva iniziato alcuna operazione di bonifica. «Il Comune di Reggio Emilia – si legge nella nota – ha immediatamente intimato all’azienda di completare la bonifica dell’intero sito produttivo. A tutela della salute pubblica e dell’ambiente – prosegue la nota del Comune – l’amministrazione comunale, in base all’ordinanza contingibile e urgente già emessa, ha infatti prescritto all’azienda conduttrice dell'impianto di rimuovere e smaltire i materiali contenenti amianto e i sottoprodotti di origine animale ancora presenti nelle aree, compresa quella recentemente dissequestrata, sottolineando appunto l’obbligo di eliminare qualsiasi tipo di rifiuto presente, anche quelli di origine animale».
Riecco l’amianto
Il fatto che l’area dissequestrata per ultima sia una parte del tutto, non autorizza nessuno a pensare che la bonifica che rimane da fare sarà agevole. Occorrerà infatti rimuovere tutte quelle parti della struttura che non erano state rimosse perché oltre a essere sotto sequestro erano pericolanti: ora sull’area senza più sigilli le operazioni saranno più agevoli, ma richiederanno comunque tempo. Perché sotto sequestro e quindi intonso vi è rimasta anche una certa quantità di amianto. «L’azienda – dice ancora il Comune in una nota – dovrà inoltre adottare le misure precauzionali atte ad evitare la dispersione di fibre e dovrà comunicare a Comune, Arpae e Ausl l’avvio e il completamento delle operazioni». Poi sul solco di rapporti che sono ai minimi storici, il diktat del Comune a Inalca prosegue: «Le prescrizioni di bonifica – conclude il Comune – prevedono che l’azienda, a cui la Procura con la recente revoca del sequestro del corpo collassato per le fiamme, ha restituito ora l’intera area, individui una ditta incaricata delle attività e della redazione del cronoprogramma, dando corso agli adempimenti entro 15 giorni. La documentazione, insieme alla relazione dell’avvenuta bonifica, dovrà essere tempestivamente trasmessa all’Amministrazione comunale, oltre che ad Arpae e all’Azienda Ausl di Reggio e il mancato rispetto delle prescrizioni sarà perseguito ai sensi di legge».l © RIPRODUZIONE RISERVATA