Caso “Mia moglie”, Meloni è «disgustata». Gli avvocati studiano una class action contro Facebook
Sul tavolo pene più severe per chi diffonde immagini senza consenso, obbligo di identità digitale per navigare sul web, stop immediato ai siti che ospitano contenuti illeciti e procedure d’urgenza per oscurare siti sessisti
Roma La tempesta è scoppiata in rete, ma l’onda d’urto è arrivata dritta in Parlamento. La pubblicazione di immagini rubate dai social, manipolate e corredate da insulti sessisti ha rimesso al centro dell’agenda politica la questione della sicurezza digitale. A contribuire alla causa soprattutto il fatto che tra le vittime vi fossero molte parlamentari di ogni schieramento politico. Tra loro anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che si dice "disgustata" dalla vicenda e chiede che i responsabili vengano puniti "senza sconti".
Così, ancora prima della ripresa ufficiale dei lavori parlamentari, a Montecitorio e Palazzo Madama si è acceso il motore delle iniziative: dal Pd ad Avs, da Forza Italia a Iv, il fronte è ampio. Sul tavolo pene più severe per chi diffonde immagini senza consenso, obbligo di identità digitale per navigare sul web, stop immediato ai siti che ospitano contenuti illeciti, procedure d’urgenza per oscurare siti sessisti. Forza Italia a maggio ha presentato un ddl - a firma dei senatori Maurizio Gasparri e Pierantonio Zanettin - per affrontare il problema della mancanza di una normativa efficace che individui le responsabilità oggettive delle piattaforme, spesso con sede all’estero.
«Alla ripresa dei lavori insisteremo per una sua rapida calendarizzazione in Aula», confermano i senatori azzurri. Non mancano le proposte per rafforzare i diritti individuali: Mara Carfagna (Noi Moderati) propone che voce, immagine e fisionomia di ciascun cittadino diventino beni giuridicamente protetti. «Sto lavorando a una proposta di legge che sanzionerà chiunque utilizza senza consenso le immagini di personaggi pubblici ma soprattutto di comuni cittadine che non hanno strumenti per difendersi», spiega. La proposta riconosce a ogni cittadino la titolarità legale della propria immagine, voce e fisionomia.
Da Alleanza Verdi e Sinistra arriva invece l’idea di una legge «che stabilisca che il nostro corpo, i nostri tratti somatici, la nostra voce e le nostre foto siano protetti da una sorta di diritto d’autore personale e inalienabile», spiega Fiorella Zabatta. In questo modo la pubblicazione non consensuale diventerebbe una violazione diretta di questo diritto, «con conseguenze penali ed economiche gravissime». Sul fronte delle indagini la Polizia postale ha inviato alla procura di Roma una informativa per le foto pubblicate senza autorizzazione sui siti a sfondo sessista. Secondo le prime ricostruzioni, della Postale, la gestione di alcune di queste piattaforme sarebbe riconducibile a soggetti residenti in Emilia-Romagna e Abruzzo, mentre i server risulterebbero collocati negli Stati Uniti. L’informativa è il primo passo per l’apertura di un fascicolo di indagine prima di individuare e definire le responsabilità per la diffusione non autorizzate delle foto di donne inconsapevoli.
La Polizia Postale ha già avviato accertamenti per identificare i responsabili della pubblicazione dei contenuti e per risalire agli autori dei commenti offensivi e discriminatori pubblicati sul sito Phica.eu. Dalla parte delle vittime, si schiera l’avvocata Anna Maria Bernardini de Pace, esperta di diritto di famiglia, che con l’avvocato penalista David Leggi, sta studiando la possibilità di una class action per tutelare le donne che sono finite loro malgrado sia sul sito Phica.eu sia sulla pagina Facebook “Mia moglie” (gruppo ora chiuso da Meta). L’avvocata Anna Maria Bernardini de Pace invita «Le donne che sono state vittime di mariti idioti a farsi avanti e denunciare». «Insieme con l’avvocato penalista David Leggi - dice - stiamo studiando la class action contro le piattaforme che hanno consentito la pubblicazione di questi contenuti, non conosciamo i nomi delle vittime».
Bernardini de Pace lancia un appello alle vittime: «Non abbiate paura, denunciate. È stata violata la dignità dell’identità femminile». Allo stesso tempo, l’avvocata spiega che saranno chiesti a Facebook i danni per i contenuti del gruppo ora chiuso perché «non hanno vigilato sui contenuti». «Hanno consentito che vi fossero contenuti di quella natura, senza intervenire né bloccare», sottolinea. «Abbiamo anche già contattato la Garante dell’Infanzia Marina Terragni - fa sapere - perché anche i figli delle donne sono stati coinvolti. Non possiamo sapere se e quanti minori abbiamo fatto ricerche online e abbiano trovato le foto delle loro mamme, subendone le conseguenze».