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Saldi in centro storico: «Un fallimento». La voce dei commercianti: «Hanno trasformato l’esagono in diamante raro. Ma per chi?»

Alice Tintorri
Saldi in centro storico: «Un fallimento». La voce dei commercianti: «Hanno trasformato l’esagono in diamante raro. Ma per chi?»

Reggio Emilia: sconforto nelle parole dei commercianti, puntano il dito alla concorrenza on line ma anche allo stato del cuore della città. «Senza servizi, il centro muore»

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Reggio Emilia È con una nota amara che si chiude quest’anno la stagione dei saldi. Siamo all’epilogo, purtroppo senza lieto fine per i commercianti del centro storico, di quei sessanta giorni che attraverso sconti e promozioni, offerte imperdibili e risparmi consistenti, avrebbero potuto segnare una crescita nelle vendite e nelle compere dei reggiani. Avrebbero potuto: un condizionale che è rimasto tale, senza trasformarsi in niente di più concreto. La stagione dei saldi, che per Reggio Emilia è cominciata ufficialmente sabato 6 luglio e che si chiuderà mercoledì 3 settembre, nelle parole e nelle casse dei commercianti è «una chimera senza senso» o «un ricordo a cui si resta ancorati, ma che sappiamo tutti essere ormai anacronistico».

È con disilluso cinismo che tra una frase e l’altra lanciano uno sguardo sulle vie del centro, al di là delle vetrine davanti alle quali c’è chi si ferma, riflette e, terminato un breve conto a mente, sceglie di non varcare la porta del negozio, di non concedersi una spesa di cui presto potrebbe pentirsi. Esercizi commerciali diversi, come i volti dei proprietari, che però pronunciano sempre le stesse frasi. Le poche vendite, nonostante i saldi, a Reggio Emilia sembrano essere una regola senza eccezione. «La stagione degli sconti, ad oggi, non fa più notizia. Chi è in cerca di occasioni riesce a trovarle al di là dei sessanta giorni che ci sono concessi per le promozioni – ha spiegato Anna, della boutique Ninna-O, nel cuore di via Emilia Santo Stefano – il problema non è soltanto l’online, ma anche le grandi catene, che per noi, piccoli esercenti, rappresentano una competizione sleale». Appesi alle grucce sono tantissimi i graziosi vestitini per bambini, ancora invenduti, nonostante il cartello sulla porta, in una grafia infantile e allegra, reciti “Ultimi giorni di saldi”. «Si è fatto di tutto per trasformare il centro di Reggio in una diamante raro. Ma per chi?». Quella di Anna è una domanda legittima. Preziosa e immobile, la via che attraversa il cuore della città, resta vuota.

Sono pochi i reggiani e i turisti disposti a cercare per ore un parcheggio, a pagare caro un’ora di passeggiata tra le bellezze del centro, a destreggiarsi tra una via e l’altra, alla sera, per evitare quelle zone, periferiche pur essendo all’interno delle mura, in cui incontri sfortunati possono trasformare una serata piacevole in una disavventura da dimenticare. A condividere le stesse domande, forse destinate a cadere nel vuoto, è Giorgio Borelli, titolare di Carnaby Street. «C’è un aspetto che oggi sembra sfuggire all’amministrazione, ma che non scappa a noi, che queste strade le viviamo ogni giorno. Un centro storico senza servizi, è un centro storico che muore». Uno spettacolo senza pubblico, un diamante su cui nessuno posa lo sguardo. «Il fallimento della stagione degli sconti ha tante motivazioni e forse nessun colpevole. Oggi però abbiamo bisogno d’aiuto – Borelli parla chiaro, cauto, ma senza giri di parole – parcheggi gratuiti per accedere più facilmente al centro storico, per cominciare. Per il resto, purtroppo, andiamo incontro a tempi duri per cui non ci resta che sperare. Globalizzazione, acquisti online, grandi catene e pochi soldi. È normale aspettarsi che le famiglie abbiano priorità diverse e che togliersi qualche sfizio, qualche desiderio di vanità, per quanto legittimo, diventi impossibile». Anche per Carnaby Street, dunque, quella dei saldi è stata una stagione magra, con pochi clienti e scarse soddisfazioni. Una stagione in cui a crescere, paradossalmente, sono stati soltanto l’impegno e le spese.

I saldi hanno riguardato tutti: dalle piccole boutique alle grandi catene di fast fashion, dai negozi più economici a quelli di lusso. Ognuno, però, ha scelto come farne uso, tentando di trarre il massimo vantaggio da un’opportunità che per molti si è dimostrata nettamente al di sotto delle aspettative. Tra chi degli sconti a cui molti hanno scelto di aggrapparsi, ha deciso di fare a meno c’è Fabio Porta, sarto di professione ed esperto di consulenze di immagine per la moda made in Italy. In via Guido da Castello, la sua Dresscode boutique e Sartoria si distingue dagli altri esercizi commerciali non soltanto per l’eleganza, ma anche per l’assenza di manifesti che comunicano saldi, sconti e promozioni all’interno del negozio. Una scelta ponderata, del tutto coerente con la linea scelta dal negozio: «Ti allinei, dovendo fronteggiare una concorrenza spietata, oppure provi a distinguerti. Scegliendo la qualità, piuttosto che i numeri, ti poni senza possibilità di decidere in una categoria di mercato diversa dalla maggioranza. E le regole sono diverse». Ciò che determina la scelta di un abito su misura non sono gli sconti: è la sicurezza di voler indossare la purezza dei tessuti, di poter provare il taglio ad hoc di un vestito introvabile online e in qualsiasi altro posto. È stato Fabio Porta a descrivere gli sconti come una chimera senza senso. Un ricordo felice che riporta gli esercenti indietro nel tempo di almeno dieci anni, quando di fronte alle vetrine, con affisso il cartello “50% di sconto” c’era la fila, mentre oggi il deserto. l © RIPRODUZIONE RISERVATA