Gazzetta di Reggio

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La tragedia di Massenzatico

La morte di Claudio Citro fermato dal taser: «Urlava: aiuto, aiuto!»

Nicolò Valli
La morte di Claudio Citro fermato dal taser: «Urlava: aiuto, aiuto!»

Reggio Emilia: i testimoni della tragica mattina a Massenzatico: «Non aveva le scarpe, ha tirato un pugno al defibrillatore: non era lucido»

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Reggio Emilia «Stavo ancora dormendo e le urla mi hanno svegliato e attirato la mia attenzione. Mi sono affacciato alla finestra pensando a un incidente stradale e ho assistito dal vivo ai momenti concitati; quell’uomo era davvero fuori di sè». Massenzatico è sotto shock. Il piccolo paese di campagna alle porte di Reggio Emilia, infatti, si scopre fragile e vulnerabile; nei locali e negli uffici non si parla d’altro, specialmente al bar Sara, dove Claudio Citro è andato ieri mattina. Il barista ci dice di non aver assistito alla scena ma che la sua collega ha consegnato tutto agli agenti, a partire dai video registrati dalle telecamere. Immagini che potranno essere utili ai fini delle indagini.


Secondo quanto gli hanno riferito, il grido “aiuto, aiuto” da parte dello stesso Citro è stato quello più ricorrente. Daniele, inquilino dell’abitazione sopra al forno Castagnoli, racconta invece: «Non ho visto il taser perché il tutto è avvenuto tra l’interno e lo spazio sotto la veranda – prosegue –. Ho sentito che quella persona diceva frasi del tipo “Vogliono ammazzarmi”, ma ho capito che era davvero poco lucido. Poco dopo è arrivata l’ambulanza». Anche la mamma del ragazzo, affacciata al balcone, fa fatica a trovare le parole. La famiglia sino a due anni fa gestiva il forno, poi ceduto agli attuali proprietari: «Ho sentito tanta confusione e le urla. Dobbiamo ancora realizzare», precisa.

In via Borromini 19, da dove Citro si sarebbe lanciato dalla finestra, lavorano gli uomini della Scientifica. A lato, seduti sul marciapiede, il padre di Claudio è in lacrime e due vicine di casa cercano di consolarlo offrendogli un bicchiere d’acqua. Una delle due afferma di abitare al piano di sopra e di aver sentito, poco dopo le 5, un forte boato dovuto al lancio di Citro dal balcone. «Sembrava un terremoto», dice. L’altra racconta di aver chiamato i soccorsi una volta accertata la pericolosità della situazione: «Io e mio marito ci siamo spaventati, quell’uomo urlava a gran voce. Era vestito con una maglia e un pantaloncino, e non aveva le scarpe. Poco dopo sono andata al bar a fare colazione e mi sono ritrovata l’uomo che era agitatissimo; l’ho visto tirare un pugno anche al defibrillatore; è in quel momento che ho chiamato le forze dell’ordine». Citro, per le due donne, non era un volto conosciuto, ma quanto accaduto non può lasciare un senso di vuoto e tristezza: «Non stava rubando e tanto meno era armato, chiedeva soltanto aiuto. In ogni caso c’erano altri modi per fermarlo: non si può morire così».