Gazzetta di Reggio

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La tragedia di Massenzatico

La madre di Claudio Citro, morto dopo essere stato fermato col taser: «Perché usarlo se era già stato immobilizzato?»

Ambra Prati

	Claudio Citro con la madre
Claudio Citro con la madre

Reggio Emilia, Alfonsina Serrapica racconta: «Mio figlio era cardiopatico, ha commesso tanti sbagli, ma non si può morire così»

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Reggio Emilia «Hanno tolto la vita a una giovane che ha avuto problemi con la giustizia, ma aveva un cuore d’oro, buono d’animo. Un figlio non ce l’ho più. Perché usare quella pistola elettrica se lui era già immobilizzato a terra? Perché, perché, perché?». Si commuove e piange Alfonsina Serrapica, la madre di Claudio Citro, il 41enne morto dopo una scarica di taser usata dalla polizia all’interno del forno di Massenzatico, dopo essersi aggirato nella frazione chiedendo aiuto e seminando il panico. «Voglio sapere com’è stato possibile, voglio giustizia», esordisce la madre disperata, che insieme al padre Antonio e al nipote – il figlio di 18 anni di Claudio, nato dalla relazione con la compagna Khadja Bara – si è affidata all’avvocato Federico De Belvis.
 



Al momento dei fatti, alle cinque di lunedì, la madre era a Salerno, dove ha ricevuto la terribile notizia per poi partire subito alla volta di Reggio Emilia. Ieri la madre, attorniata dagli altri figli, Silvano e Giovanna, era all’obitorio del Santa Maria Nuova, ma il corpo del 41enne era già stato trasferito all’Istituto di Medicina Legale di Modena, in attesa dell’autopsia. «L’autopsia stabilirà il motivo del decesso», prosegue Alfonsina. «Mio figlio era cardiopatico: una patologia congenita, secondo i medici una valvola del cuore non chiudeva bene». «Ho il massimo rispetto per lo Stato e per la giustizia. E so che mio figlio ha commesso degli sbagli, pagandone le conseguenze, ma non si può morire così – continua la mamma –. Chi sbaglia deve pagare, certo, tuttavia dev’essere trattato con umanità. Lui cercava aiuto, era terrorizzato. Spesso si invoca maggiore severità da parte delle forze dell’ordine; in questo caso l’uso della forza ha peggiorato le cose. Non posso fare ameno di pensare che se non avessero usato il taser Claudio sarebbe ancora vivo. Si poteva salvare? Potevano fermarlo diversamente? È questo il mio cruccio, voglio capire se avrebbe potuto salvarsi». Secondo il racconto della madre, «nel referto di decesso c’è scritto che mio figlio è arrivato in ospedale già deceduto». A proposito delle grida di aiuto di Claudio, chiediamo da cosa stesse fuggendo il quarantunenne. «Non lo so, aveva paura, forse era in uno stato d’animo particolare. Claudio non avrebbe nemmeno dovuto trovarsi nel suo appartamento di un tempo, in via Borromini, di fianco al padre: un altro sbaglio che ha commesso è stato venire a Reggio, non poteva farlo».

Difatti il giudice aveva disposto il divieto di dimora, per maltrattamenti contro l’ex compagna: alle spalle del quarantunenne c’erano precedenti per estorsione e usura, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, danneggiamento aggravato e un’aggressione a un accertatore della sosta. Perché era in quella casa e perché scappava? «Questo non lo so, posso solo immaginare». In questa vicenda spunterebbe anche una testimone, secondo la madre: l’amica che era con il figlio e che è rimasta all’esterno del forno. «Lei ha detto che Claudio aveva le mani bloccate dietro la schiena al momento della scarica e che i poliziotti avrebbero alzato la potenza del taser». Aspetti su quali – occorre sottolinearlo – al momento non esiste alcun riscontro. «Troppi punti non tornano. La domanda delle domande è: usare il taser era davvero necessario? Non posso riavere mio figlio, ma magari può servire per evitare la stessa fine a qualcun altro». L’ultima volta che madre e figlio si erano sentiti era domenica. «Mi aveva chiamato con il cellulare dell’amica perché aveva perso il suo: “stai tranquilla, è tutto a posto”. Eravamo abituati a telefonarci sempre, vivendo lontani. Non ho parole».l © RIPRODUZIONE RISERVATA