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Bonus psicologo? A Reggio i consulti sono gratis se hai tra i 14 e i 28 anni. «Ma l’assistenza va inserita nelle case di comunità»

Massimo Sesena
Bonus psicologo? A Reggio i consulti sono gratis se hai tra i 14 e i 28 anni. «Ma l’assistenza va inserita nelle case di comunità»

Nell’ultimo anno sono stati più di 1.500 gli accessi ai punti di ascolto Open G e i due terzi è stato fatto da donne

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Il 15 settembre, ovvero tre giorni fa, l’Inps ha annunciato – su tutti i mezzi di comunicazione esistenti – che tornava, a grande richiesta, il bonus psicologo, ovvero il contributo, erogato sulla scorta dell’indicatore Isee. L’anno scorso il portale dell’Inps fu preso d’assalto con oltre 400mila domande, delle quali soltanto tremila o poco più furono soddisfatte. Pochi soldi a disposizione sembra essere il tratto caratteristico di questa misura che però, ogni volta che si traccia un bilancio, si dimostra una efficace cartina di tornasole di un problema che in Italia, soprattutto dopo il Covid, ha assunto dimensioni importanti. La pensa così, tra gli altri Fiorello Ghiretti, responsabile del programma di Psicologia clinica e di comunità del Dipartimento di salute mentale, nonché coordinatore del progetto Open G.

La trasformazione

Anche a Reggio Emilia la richiesta di un aiuto è sempre più alta e più diffusa. Lo sanno bene i Servizi di salute mentale dell’Ausl che però, in questi anni, non sono stati con le mani in mano, se è vero che oggi tutto il territorio provinciale può contare su un servizio di consulenza che è assolutamente gratuito per la fascia 14-28 anni. Fedeli al principio di Antoine-Laurent Lavoisier, secondo cui nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma, in questi anni l’Ausl di Reggio ha trasformato quelli che fino a qualche anno fa erano gli Open G, ovvero i punti d’ascolto e di supporto per gli adolescenti in punti di consulenza psicologica per adolescenti e giovani adulti, con una utenza sempre in crescita che fanno dire che questo sia un settore su cui investire professionalità e risorse, senza aspettare l’arrivo di un bonus che quand’anche arrivasse non riuscirebbe comunque a dare risposte a tutte le domande, cosa che invece all’Ausl di Reggio con i suoi Open G riesce a fare da quattro anni a questa parte, grazie a una rete di 25 psicologi distribuiti sui distretti provinciali offrono questo tipo di consulenza gratuita a questa fascia della popolazione che, soprattutto dopo il Covid ha cominciato a chiedere aiuto. Nell’ultimo anno sono stati più di 1.500 gli accessi, e i due terzi di questi accessi è stato fatto da donne. «Non inventiamo nulla – spiega Ghiretti – utilizziamo direttive e indicazioni che esistono a livello regionale. Da quattro anni offriamo accesso gratuito a una consulenza psicologica tutti i cittadini della provincia nella fascia d’età 14-28».

Come funziona il servizio? «Il cittadino chiama un numero dedicato, lascia un messaggio e gli chiediamo di lasciare un indirizzo mail che servirà per fissare l’appuntamento. Viene richiamato, e si fissa un primo colloquio in cui chiediamo alla persona di individuare quello che secondo lui o lei è il problema. Noi non ci spostiamo dalla domanda che la persona ci manifesta. E da lì, da questi colloqui conoscitivi in cui la persona deve comunque mostrare la volontà di mettersi in gioco si decide, con un lavoro di équipe quale possa essere il percorso migliore, per la persona. Normalmente bastano gli incontri iniziali, al massimo quattro, per far sì che non servano altri interventi. Il nostro – spiega Ghiretti – è un supporto, ma il ragazzo o la ragazza poi, deve camminare con le sue gambe. Normalmente succede: in più della metà dei casi, il ragazzo o la ragazza risolve il problema nella fase gratuita del percorso. Se così non dovesse essere, allora la persona viene indirizzata ai percorsi di secondo livello». E in questi casi vengono poi affrontati quelli che sono probabilmente disturbi più gravi, di natura psichiatrica o legati magari a forme di dipendenza.

Le case di comunità

Il sistema degli Open G con il lavoro d’équipe potrebbe trovare uno sviluppo e costituire una sorta di risposta anche per i pazienti di altre fasce d’età? Ghiretti non lo esclude anche se, alla fine, dipende tutto dalle risorse che vengono messe in campo. «La vera sfida – dice lo psicologo dell’Ausl – è sicuramente quella di trovare un modo di inserire anche l’assistenza psicologica all’interno delle Case di comunità e una volta entrati lì sarà inevitabile studiare un approccio anche per le altre fasce d’età, anche se la platea a cui ci rivolgiamo è comunque molto significativa». Perché non si tratta soltanto di adolescenti, ma anche dei loro genitori: «I ragazzi adolescenti che si rivolgono ai nostri Open G – spiega Ghiretti – a volte vengono indirizzati a noi dai genitori che in questo modo ci chiedono aiuto. E noi lavoriamo anche sugli adulti, li aiutiamo a confrontarsi con i figli nella fase dell’adolescenza». Poi ci sono gli altri utenti di questo servizio, i cosiddetti giovani adulti. «In particolare – spiega il coordinatore del progetto Open G – i ragazzi che appartengono all’ultimo segmento, quello tra i 25 e i 28 anni».

Età e bisogni

In questa fascia d’età è netta la percezione di un bisogno maggiore di aiuto, perché diverse sono le sfide a cui queste persone sono chiamate: «Magari sono ragazzi che studiano e fanno i conti per la prima volta con una società che diventa sempre più competitiva e sempre meno cooperativa, oppure lavorano e sperimentano sulla loro pelle il tema di una crescente precarietà. La cosa importante – conclude Ghiretti – è che la crescita dei bisogni ha fatto esplodere le richieste d’aiuto e con esse è caduto anche il pregiudizio, lo stigma, verso chi si rivolge ai servizi di salute mentale». E la dimostrazione arriva anche dai numeri che si porta dietro questo fenomeno del bonus psicologo, su cui peraltro non mancano le perplessità, dentro e fuori il sistema, «È sicuramente la spia di un problema diffuso, che da un lato mette in luce la nostra fatica quotidiana di tenere il passo del mondo e dei suoi cambiamenti, dall’altra però, e questo è certamente positivo è caduto quel muro di diffidenza che fino a qualche anno fa faceva guardare chi si rivolgeva a questi servizi come il matto. Non è più così, e questo consente ai professionisti di lavorare ottenendo risultati insieme alle persone che si rivolgono a noi».