L’ex procuratore Marco Mescolini chiede mezzo milione di risarcimento a Ministero di Giustizia e Csm
Il magistrato dell’inchiesta Aemilia era stato allontanato da Reggio Emilia per incompatibilità ambientale: all’origine della decisione c’era stato un esposto presentato da quattro pm dopo la pubblicazione delle chat con Luca Palamara
Reggio Emilia Da una parte l’ex procuratore di Reggio Emilia (oggi procuratore capo di Pesaro) Marco Mescolini, dall’altra il Consiglio Superiore della Magistratura e il Ministero della Giustizia. In mezzo una richiesta risarcitoria da oltre mezzo milione di euro, che però il Csm ha già definito «manifestamente infondata». La “saga” Mescolini ora conosce un ulteriore round davanti al Tar del Lazio. L’ex procuratore capo era stato allontanato da Reggio Emilia per incompatibilità ambientale. All’origine della decisione c’era stato un esposto presentato da quattro pm dopo la pubblicazione delle chat fra Mescolini e Luca Palamara, col primo che si informava sull’iter della sua già deliberata nomina a Reggio (agosto 2019). Il 24 gennaio 2021 il Csm aveva disposto, con una decisione senza precedenti, il trasferimento d’ufficio dell’ex pm del maxi processo Aemilia a Firenze.
Da allora il magistrato, diventato pm a Firenze, ha iniziato una battaglia legale su più fronti per ottenere una qualifica di pari grado a quella che aveva nella nostra città. E tre anni dopo il Csm lo aveva riabilitato, annullando il trasferimento d’ufficio (definito «arbitrario» e «sproporzionato») e offrendo all’interessato la guida di una Procura di pari grado. Mescolini aveva scelto Pesaro, dove è stato nominato nel giugno 2024. Proprio a quel periodo, cioè a oltre un anno fa, risale il contrattacco di Mescolini. Con una «azione di condanna» intentata davanti al Tar, ora il procuratore di Pesaro ha chiesto allo stesso Csm e al Ministero della Giustizia un maxi risarcimento da 543.825,47 euro per l’atto illegittimo adottato nei suoi confronti, di cui mezzo milione per il «danno all’immagine e alla reputazione professionale» e i restanti 43.825,47 euro per «i danni patrimoniali conseguenti al trasferimento». Non è tutto: il magistrato aspira a un ulteriore risarcimento, da quantificare con apposita perizia, per il «danno da perdita di chance», cioè lo stop temporaneo alla carriera dirigenziale che gli ha impedito di maturare il curriculum per correre per il vertice di grandi procure (come «Bologna, Roma o Milano») o per la Direzione Nazionale Antimafia, «cui avrebbe potuto legittimamente aspirare». Il dossier è emerso solo ora perché è stato affrontato nell’ultima seduta dal Csm. L’organo di autogoverno della magistratura italiana ha deciso all’unanimità, sulla base di un parere dell’Ufficio Studi, di costituirsi in giudizio per opporsi al ricorso, ritenuto «manifestamente infondato» per l’insussistenza di un danno risarcibile in base alle norme sulla responsabilità civile delle pubbliche amministrazioni. l © RIPRODUZIONE RISERVATA