Gazzetta di Reggio

Reggio

Reggio Emilia

Albanese riceve il Primo Tricolore al teatro Valli. Cronaca di un evento tra emozioni e tensioni

Serena Arbizzi
Albanese riceve il Primo Tricolore al teatro Valli. Cronaca di un evento tra emozioni e tensioni

«È vero che sono divisiva: sono quella che apre il mare in due tra chi il genocidio lo vuole fermare e chi lo nega. Negare il genocidio è genocidio stesso»

5 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia Che il clima sarebbe stato “frizzante” lo si intuiva già dalle premesse, durante le settimane precedenti; che diventasse addirittura incandescente lo si è visto a fine mattinata, quando la consegna del Tricolore è stata accompagnata da una tensione che si tagliava con il coltello e una escalation di insulti all’indirizzo del sindaco.

Reggio Emilia ha preso una posizione chiara, al fianco di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, accolta con più standing ovation e applausi scroscianti da un teatro Valli gremito da oltre mille persone, dove il sindaco Marco Massari ha consegnato il Primo Tricolore alla giurista. Fuori dal teatro la attendevo con striscioni a favore della Palestina e bandiere le associazioni e, più in generale, gli enti che fanno parte di Europe For Peace, la rete che ogni giorno si ritrova in piazza Prampolini contro il massacro di Gaza e per manifestare vicinanza agli attivisti della Global Sumud Flotilla. Attivisti per i quali la stessa Francesca Albanese ha rivolto un appello al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affinché chieda «a Israele di fermare il massacro, invece che alla Flotilla, la nostra fiaccola di umanità in movimento, di fermarsi».

Albanese ha parlato da cuore a cuore, emozionandosi, senza trattenere le lacrime, quando ha ricordato i personaggi del suo libro “Quando il mondo dorme. Storie, parole e ferite della Palestina (Rizzoli, 2025)”, nell’ambito di Finalmente Domenica, la rassegna di incontri con scrittori e autori dei I Teatri. Con lei hanno dialogato Tommaso Dotti e Nicola Giacché di Digital Freaks. Ha ricordato le sofferenze e le ferite dei tanti palestinesi che ha incontrato, dopo essere stata introdotta da Paolo Cantù, direttore de I Teatri, e da Alessia Ciarrocchi, presidente della Fondazione E35.

«È vero che sono divisiva: sono quella che apre il mare in due tra chi il genocidio lo vuole fermare e chi lo nega. Negare il genocidio è genocidio stesso», esordisce impetuosa Albanese tra applausi e frasi a sostegno.

«Il mio libro è per i giovani. Io mi sono formata quando la Palestina era una questione bipartisan: loro sono figli del berlusconismo che si è mangiato tutto. Dobbiamo essere materiale resistente. La mia scrittura è un modo amorevole di raccontare la Palestina, che è vita di donne e uomini che da 100 anni resistono al razzismo e alla colonizzazione - continua Albanese -. Hanno resistito all’arroganza dell’Inghilterra che regalava la terra di Palestina senza averne diritto. La stessa Gran Bretagna che ora ci propone Tony Blair, che dovrebbe essere processato a L’Aia per crimini di guerra. Ci stanno ancora raccontato di “due popoli per due Stati”. Si deve ripartire dal diritto, una mappa per uscire da questa situazione gravissima c’è: Israele deve ritirare le truppe, smantellare l’occupazione e le colonie. Va abbandonata la cultura del privilegio a tutti costi e bisogna smettere di sfruttare le risorse palestinesi. Ogni università che faccia ricerca con Israele è parte di una situazione illegale», tuona Albanese.

La ricetta proposta dalla relatrice speciale dell’Onu passa anche per il risarcimento «per 57 anni di abusi e il rientro degli sfollati. La bellezza del diritto è semplice. Perché continuiamo a produrre armi per Israele?».

La giurista e scrittrice indica come il suo compito di relatrice delle Nazioni Unite sia «servire l’Onu con tutto l’amore che posso» e documentare le violazioni del diritto internazionale in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e Gerusalemme est. «Sono stata ritenuta l’esperta tecnica più idonea», aggiunge.

Poi, arriva la stoccata contro l’israeliana Teva, tra i fornitori di Farmacie Comunali, su cui campeggiavano striscioni polemici anche all’ingresso del teatro. Albanese aveva già espresso chiaramente il suo pensiero al sindaco Massari, nell’incontro a tu per tu, prima del dialogo pubblico, ribadendo che la possibilità c’è, «se un’amministrazione vuole, di troncare anche in quel caso i rapporti con Israele».

«Ho la mamma malata di Alzheimer, preferisco che non prenda i medicinali della Teva».

Infine, il momento clou, quando il sindaco Marco Massari consegna il Primo Tricolore ad Albanese, non prima di aver indicato come «il feroce attacco di Hamas» non giustifichi il massacro di Gaza e indicando la fine del genocidio e il rilascio degli ostaggi come condizioni per la pace.

Apriti cielo: in platea e dai palchi piovono fischi e insulti all’indirizzo del sindaco. Albanese lo ringrazia calorosamente per il Tricolore, poi però lo bacchetta, perché «la pace non ha bisogno di condizioni», per poi aggiungere: «Io il sindaco non lo giudico, lo perdono», mentre saluta con il pugno chiuso e si appresta a indossare il Tricolore come mantello.

Non si fanno attendere le reazioni del mondo politico, anche tra gli alleati. Rec (Reggio Emilia in Comune) indica che ribadire «la condanna dell’attacco del 7 ottobre da parte di Hamas (che Francesca Albanese ha già espresso più volte in sedi istituzionali internazionali) è apparso superfluo e ha rischiato di banalizzare il valore di una figura che, proprio per il suo impegno, è sotto sanzione da parte del governo degli Stati Uniti». Poi ammonisce: «Per evitare che questa giornata si trasformi in una frattura, le istituzioni locali devono assumersi la responsabilità di spiegare pubblicamente quali siano le partnership strategiche con Israele e quale impatto avrebbe una loro interruzione. Solo così si potrà avanzare nel dibattito pubblico e nella politica istituzionale».

Gli avvocati Giovanni Tarquini e Carmine Migale di Reggio Civica indicano come Massari sia «riuscito a devastare il senso e il valore storico del Primo Tricolore», «in una sorta di cortocircuito mentale, gli è uscita una affermazione lucida e ragionevole. Il problema è che quelle sue parole hanno suscitato la reazione veemente della eroina del giorno che non solo ha accentuato il suo pensiero divisivo, ma ha bacchettato pubblicamente il nostro alfiere del Tricolore».