Il murale del reggiano Simone Ferrarini del Collettivo Fx nel mirino dei coloni in Cisgiordania
Il tribunale di Gerusalemme ha decreto l’abbattimento della casa delle onlus: in quello stabile vivono i volontari che con i loro passaporti “scortano” i palestinesi
Reggio Emilia Un Ulivo di persone, un Ulivo umano dipinto su 40 metri quadri di muro a Tuwani, nella regione di Masafer Yatta, in Cisgiordania. Un muro che le ruspe dei coloni abbatteranno, nel giro di quindici giorni perché così ha deciso proprio in questi giorni il Tribunale di Gerusalemme. E con il muro abbatteranno anche il murales, opera dell’artista reggiano Simone Ferrarini e del Collettivo Fx. A dare notizia del fatto che la sua opera avrebbe i giorni contati, è stato lo stesso Ferrarini, postando su Facebook il servizio del Tg Rai dell’Emilia Romagna su questa notizia che arriva dalla Cisgiordania. “Abbattimento entro 15 giorni – scrive Ferrarini sul suo profilo facebook – Questa è la sentenza definitiva della Corte di Giustizia Israeliana che ha respinto il ricorso degli avvocati israeliani per conto delle famiglie di Tuwani un villaggio palestinese in Cisgiordania». Invero, al di là del forte valore artistico dell’opera del writer reggiano, quello che è più grave è che venga abbattuto l’intero immobile. «Quell’immobile – spiega Ferrarini – è da tempo una sorta di foresteria per gli internazionali. Si chiamano così i volontari che arrivano da ogni parte del mondo armati solo... del loro passaporto. Che, essendo diverso da quello di un palestinese o anche di uno stesso israeliano, costituisce un vero e proprio scudo per la gente che vive in questi villaggi».
In pratica, la gente di questi villaggi, in gran parte ragazzi e bambini, passa le giornate “scortata” da volontari che appartengono a due organizzazioni umanitarie, Youth of Sumud e Operazione Colomba Siamo esattamente nella terra in cui è stato girato il docufilm che nel 2024 ha vinto l’Oscar: “No Other Land”, un reportage filmato con cui L’attivista palestinese Basel Adra ha filmato la distruzione della sua comunità da parte dei coloni. «È evidente – spiega Ferrarini – che l’abbattimento dell’edificio mira a ostacolare la presenza degli internazionali in Masafer Yatta che proteggevano la popolazione locale dagli attacchi dei coloni». Le date in questa storia sono importanti: Ferrarini e il Collettivo Fx hanno dipinto quel muro nel maggio 2023, ovvero cinque mesi prima del 7 ottobre, quando a dispetto della retorica stucchevole secondo cui tutta la spirale d’odio s’è innescata quel giorno, le angherie dei coloni sulla popolazione che vive nei villaggi della Cisgiordania erano già quotidiane. «Quel territorio – dice l’artista reggiano – proprio dove sono state girate le scene del docufilm nonostante sia territorio palestinese è ancora oggi sotto la giurisdizione israeliana in seguito agli accordi di Oslo, che dovevano essere provvisori, e quindi in difesa dei palestinesi dagli attacchi dei coloni israeliani ci sono comunque gli israeliani». La battaglia legale per salvare l’edificio è in corso «e già nelle prossime ore – assicura Ferrarini – potremo sapere come andrà a finire». I legali degli attivisti palestinesi e italiani che sono sul posto si battono anche in difesa dei diritti d’autore dell’opera. «Le leggi italiane – spiega ancora l’artista reggiano – sono ottime in materia di difesa della proprietà intellettuale e nel caso del murales stiamo cercando di far sì che si mobilitino tutti i proprietari del murales. Sì, avete capito bene: per aiutare le due associazioni umanitarie che operano nel villaggio di Tuwani, Ferrarini ha venduto i diritti d’autore, facendo idealmente a pezzi il grande Ulivo umano, prevenendo in questo, il lavoro brutale delle benne delle ruspe e dei caterpillar guidati dai coloni che rischiano di entrare in azione tra pochi giorni se nessuno le fermerà. Si va da pezzi del murales del costo di 50 euro a parti più grandi valutate anche 800/850 euro. «In tutto, i proprietari sono circa una settantina. Questi soldi – spiega Ferrarini – sono andati interamente a finanziare le attività di “Operazione Colomba” e “Youth of Sumud” che continuano a stare accanto alle popolazioni di questi villaggi che ogni giorno fanno i conti con le angherie dei coloni». Per inciso, mentre i giudici israeliani decretavano la fine del murales (e dell’edificio), in Italia, la Rai cambiava all’improvviso la sua programmazione, cancellando la messa in onda di “No Other Land” inizialmente prevista per la sera del 7 ottobre. Quando si dice la sincronia..l © RIPRODUZIONE RISERVATA