Ausl-Irccs di Reggio Emilia: così la sanità è sempre più digital. Investiti 20 milioni di euro
Ottenuta la certificazione Himss Emram 6. Il direttore generale Davide Fornaciari: «Ora attraverso un tablet chi svolge assistenza domiciliare tiene avere sotto controllo tutte le informazioni su paziente e ed esami sostenuti»
Reggio Emilia Digitalizzazione spinta, estensione dell’utilizzo del fascicolo sanitario elettronico a una fascia di popolazione sempre più vicina al 100%. Tutto questo fa dell’Ausl di Reggio una delle realtà all’avanguardia – non solo nel panorama regionale, ma anche a livello nazionale – nel campo dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione. Un risultato, quello raggiunto in questi anni dall’Azienda Usl-Irccs di Reggio suggellato anche dall’aver raggiunto la certificazione Himss Emram 6 è un livello di valutazione del modello di adozione della cartella clinica elettronica. Le strutture sanitarie che raggiungono questo livello sono vicine a una digitalizzazione completa, hanno quasi eliminato la documentazione cartacea e utilizzano dati clinici per migliorare la sicurezza e la qualità delle cure. Il livello 6 include “la documentazione completa da parte dei medici e la capacità di utilizzare i dati per una valutazione su larga scala dell'assistenza al paziente”.
L’asticella si alza
Una asticella che si alza, di cui nei giorni scorsi ha dato conto il direttore generale dell’Ausl-Irccs di Reggio, Davide Fornaciari che era tra i relatori dell’Healthcare Innovation Summit che si è tenuto in questi giorni a Milano e che ha visto tra i relatori, oltre al Dg Fornaciari, Francesco Longo, professore di management pubblico e sanitario, Cergas Sda Bocconi, Mario Melazzini direttore generale dell’assessorato al welfare della Regione Lombardia e Donato Scolozzi della Kpmg. Se la tigre dell’innovazione va cavalcata, evidentemente l’Ausl-Irccs di Reggio sa come si fa: a dirlo è la stessa storia della sanità reggiana e in particolare quella delle due aziende e della loro fusione. «In questo caso – sottolinea Fornaciari – la fusione tra azienda Usl e azienda ospedaliera ha permesso di uniformare in un unico sistema i due sistemi esistenti che, comunque abbastanza simili, hanno finito per rafforzarsi a vicenda». A guidare e governare questi processi c’è da tempo l’ingegner Marco Foracchia, a capo del Servizio tecnologie informatiche e telematiche dell’azienda Usl-Irccs. «Oggi – spiega Fornaciari – la digitalizzazione è estesa a tutte le unità operative dell’Azienda. E questo si traduce, ad esempio, nella facilitazione del lavoro dei nostri infermieri che svolgono assistenza domiciliare e che, attraverso un tablet possono avere sotto controllo tutte le informazioni sul loro paziente e sugli esami sostenuti».
Telemedicina e non solo
Le grandi potenzialità della digitalizzazione in sanità sono sotto gli occhi di tutti: e vanno dalla robotica più avanzata che consente, ad esempio, di ridurre in maniera evidentissima il margine d’errore in ambito chirurgico, fino alle presenze banali ma importantissime dei presidi sanitari sul territorio, tanto più importanti quanto più impervie e decentrate sono le zone da raggiungere. «È in questi ambiti – sottolinea il Dg dell’azienda Usl – che la telemedicina consentirà, in contesti contrassegnati da una scarsa disponibilità di personale sanitario, come possono essere anche alcune aree del nostro appennino, di portare ad esempio, la consulenza di un medico che, collegato da remoto con il paziente lo raggiunge collegandosi al proprio domicilio o nelle case della salute che abbiamo aperto in questi anni, fino alle stesse farmacie che si stanno connotando sempre più come farmacie dei servizi». Invero, il digitale non serve solo nel rapporto tra il medico e il suo paziente. Le nuove frontiere della digitalizzazione consentono già oggi un sempre più puntuale dialogo tra le diverse discipline mediche che vengono chiamate in causa nella presa in carico di pazienti sempre più complessi dal punto di vista delle patologie. «Oggi –spiega ancora Fornaciari – possiamo dotare i nostri professionisti di strumenti sempre più avanzati di supporto nel loro lavoro, che consentano di valutare il percorso più appropriato sia in termini di terapia che in termini di accertamenti ulteriori, garantendo una riduzione delle prestazioni inutili e suggerendo al clinico i percorsi non sovraccarichi e quindi più adeguati alle tempistiche che il paziente richiede».
Limiti e obiettivi
Con i fondi del Pnrr l’Azienda Usl-Irccs di Reggio ha potuto investire in digitalizzazione – nel triennio iniziato nel 2024 che si concluderà l’anno prossimo – 13,5 milioni, mentre i costi di gestione dell’intero sistema sfiorano i 20 milioni, al ritmo di quasi un milione di investimenti all’anno. La sfida è quindi ancora una volta – quando si parla di sanità pubblica – sui costi e sulla qualità dei servizi. «Sono convinto che questo settore della digitalizzazione sia già oggi strategico e credo che lo diventerà sempre di più. Ma perché ciò avvenga – dice il Dg dell’Ausl reggiana – occorre che i livelli di investimento e spesa corrente restino adeguati per garantire che il digitale non diventi un impedimento e si aggiorni con le velocità che il settore impone». «Una prima strada da seguire – è l’analisi finale di Fornaciari – è quella della armonizzazione delle visioni digitali tra i vari livelli: aziendale, regionale e nazionale. Spesso capita infatti che il nostro livello di digitalizzazione sia troppo elevato per riuscire a dialogare fattivamente con gli altri livelli che magari su certi aspetti non sono così avanzati». L’altro grande ostacolo su questo percorso è la carenza di professionalità ad hoc. Il problema è lo stesso che rende oggi introvabili infermieri e medici di sanità pubblica. Perché in altri ambiti l’appeal soprattutto economico è decisamente più alto. «È vero – ammette Fornaciari – la principale difficoltà che incontriamo in questo ambito riguarda il reclutamento dei professionisti in campo Ict in sanità. Come ogni impiego pubblico oggi, questo non è attrattivo dal punto di vista economico. È un limite che non posso negare, così come non si può negare il grande fascino di lavorare a processi complessi e in continua evoluzione come sono quelli del digitale applicato alla salute».l © RIPRODUZIONE RISERVATA