Ricattano il cliente: «Conosciamo tua figlia: paga o diremo a tutti che sei pervertito»
Reggio Emilia: le due ora sono a processo per rapina ed estorsione. Hanno costretto l’uomo a versare in tre giorni 950 euro
Reggio Emilia «Amore ascoltami un attimo, hai capito? Io voglio il mio disturbo, perché sono venuto fin lì a piedi e 70 euro non bastano. Sennò domani vengo dove lavori e faccio uno show. Dico a tutti i tuoi dipendenti, compresa tua figlia, che sei un papà pervertito. Faccio un casino. Troverai il tuo nome sui giornali». Così una trans partita da Reggio Emilia ha minacciato di rovinare la reputazione a un cliente – un commerciante 50enne di Parma che l’ha contattata su un sito web di annunci per una prestazione – ricattandolo e costringendolo a versare, a più riprese in tre giorni, un totale di 950 euro. In realtà, secondo l’accusa, la trans dal nome d’arte “Nicole”, spagnola di 23 anni, e l’amica trans “Roberta”, brasiliana di 39 anni con precedenti simili, altro non sono che ricattatrici in trasferta che irretiscono i malcapitati clienti prendendo informazioni sulla loro vita privata e dividendosi i ruoli (la prima fa la cattiva, la seconda il falso aiuto) per spremere più denaro possibile. Entrambe, tuttora in cella, sono finite a processo con le accuse di rapina ed estorsione aggravata e continuata in concorso.
Secondo il racconto del parmigiano la vicenda risale al 3 marzo scorso, quando il 50enne, dopo aver visitato il sito “Bacheca incontri” e aver trovato «un profilo di donna piacente», fissa un appuntamento in borgo Felino. A detta dell’interessato si presenta «una persona di aspetto esteriore sgradevole, ho avuto anche il dubbio che non fosse una donna»; in più la trans gli dice che conosce la figlia, facendo nome e cognome. «Non abbiamo avuto nessun rapporto sessuale perché la sola idea che conoscesse la mia famiglia mi atterriva e mi spaventava», racconta il 50enne alla polizia: perciò declina l’offerta e le allunga 70 euro con l’obiettivo di sbarazzarsene al più presto. Un’ora dopo la trans manda un primo vocale su WhatsApp: 70 euro non bastano, vuole 300 euro in cambio della promessa di cancellare il numero e la chat.
Il 50enne cede, va a fare bancomat in bici e consegna il denaro vicino alle Poste di via Bixio. È solo l’inizio di un vero e proprio incubo, perché le richieste di denaro proseguono senza sosta il giorno seguente (la trans chiede «un prestito di 500 euro per raggiungere un B&B a Modena») e il terzo giorno, quando Nicole si presenta in compagnia dell’amica Roberta; di fronte alla rabbia dell’uomo, che minaccia di andare alla polizia, anche l’amica comincia a contattarlo fingendo comprensione («quella è una pazza, ti voglio aiutare») ma pretendendo mille euro. Mentre il 50enne è in questura a sporgere denuncia, il suo cellulare continua a squillare: le due lo aspettano per l’ennesima consegna in borgo Felino, dove i poliziotti le trovano intente a compulsare il cellulare e le arrestano in flagranza. Le prove abbondano: tutte le trattative (messaggi, vocali e video del suo luogo di lavoro) sono intercorse via chat WhatsApp, che il ricattato fornisce agli inquirenti. Fin qui la versione del padre di famiglia. Le indagate hanno negato: in particolare Nicole ha detto che il cliente sapeva benissimo che lei era una trans perché ha cercato questo tipo di annunci e di aver pattuito per il primo incontro un certo rapporto poi andato oltre, perciò voleva un compenso maggiore. Una tesi che non ha convinto il gip Sara Micucci, che ha ritenuto la condotta delle due «grave, spregiudicata e con una collaudata tecnica di coppia che fa escludere il fatto occasionale». Nei giorni scorsi è iniziato il processo nel tribunale di Parma: l’avvocato difensore di Nicole, Gisella Mesoraca, ha chiesto il rito abbreviato. l © RIPRODUZIONE RISERVATA