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Il processo

Morte di due spettatori al Rally dell’Appennino: condannato a un anno l’organizzatore

Ambra Prati
Morte di due spettatori al Rally dell’Appennino: condannato a un anno l’organizzatore

Canossa: a processo il commissario di gara e sette assolti. Nell’incidente morirono Davide Rabotti 21 anni e Cristian Poggioli, 35

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Canossa Una sola condanna a un anno, un rinvio a giudizio e sette assoluzioni con formula piena. Si è conclusa così davanti al gup Luca Ramponi la lunga frase preliminare – durata quattro anni – per i nove indagati per la tragedia al Rally dell’Appennino Reggiano del 2021. L’organizzatore della gara Alen Carbognani, reggiano di 42 anni, all’epoca presidente dell’Asd Grassano Rally Team, è stato condannato in rito abbreviato (pena sospesa, trattandosi di un incensurato) per omicidio colposo, mentre il commissario di gara Pietro Martinelli, 60 anni originario del Foggiano e residente a Modena, è stato rinviato a giudizio: per il medesimo reato affronterà il processo in solitaria. L’inizio è previsto per gennaio 2026. La mattina del 28 agosto 2021 i due spettatori seguivano la gara in località Riverzana di Canossa quando l’equipaggio di una Peugeot 208, al termine di un lungo rettilineo affrontando la curva numero 43 a 129 km/h, usciva nello sterrato con una ruota e, nonostante il controsterzo, fuoriusciva di nuovo urtando un masso presente sul declivio, inclinandosi sulle due ruote, travolgendo e uccidendo all’istante i due giovani.

Morirono così Davide Rabotti, 21enne reggiano studente universitario, e Cristian Poggioli, 35enne modenese; entrambe le famiglie sono state risarcite e sono uscite dal procedimento. Nove gli indagati: il legale rappresentante dell’associazione organizzatrice, il direttore di gara, il supervisore tecnico, due piloti apripista, il delegato al percorso e il commissario di gara. Dirimente è stata la perizia cinematica dell’ingegner Davide Manfredi di Cremona fatta eseguire dal giudice, che ha scagionato quasi tutti tranne il commissario di gara Martinelli: perciò le difese hanno scelto in massa l’abbreviato ad eccezione del 60enne, per il quale l’avvocato difensore Vito Pellegrino ha sostenuto il non luogo a procedere. Invano. «Riteniamo che Martinelli non avesse alcuna responsabilità dello spostamento inopinato degli spettatori – ha dichiarato l’avvocato Pellegrino – Le vittime scesero dalla collinetta all’arrivo dell’auto e si posizionarono a bordo strada per fare il tifo all’amico pilota. Il mio assistito, anche volendo, non avrebbe potuto avvisare e interrompere la gara in corso. Ci difenderemo in dibattimento». Per Martinelli è stata accolta la richiesta di rinvio a giudizio del pm Piera Giannusa, che ha proposto l’assoluzione per i piloti apripista e per il supervisore tecnico e la condanna a un anno – partendo da un anno e mezzo, in virtù dello sconto di un terzo dell’abbreviato e delle attenuanti generiche – per gli altri. Soddisfatto l’avvocato Noris Bucchi, difensore dei piloti apripista: «Con l’assoluzione i miei assistiti vedono finalmente la fine di un incubo che, seppure innocenti, li tormentava da oltre quattro anni». Gli fa eco l’avvocato Riccardo Giannuzzi, difensore del supervisore tecnico: «Un’assoluzione importante. Il fatto non costituisce reato significa che non c’è colpa». Al contrario non si spiega l’esito l’avvocato Giuseppe Marco Baroncini, difensore di Carbognani: «Non so che rimprovero si possa muovere al mio assistito, scagionato dalla perizia cinematica. Un processo che si sarebbe potuto sfoltire fin dall’inizio: questi anni sono stati una sofferenza sia per le vittime sia per gli indagati. Carbognani è incensurato e la pena è sospesa. Andremo in Appello perché a nostro avviso non ci sono profili di responsabilità». l © RIPRODUZIONE RISERVATA