Vendemmia 2025 amara per i Lambruschi: crolla la produzione, ma la qualità è da record
Flessione del 17%, a Reggio Emilia del 21%: raccolti ai minimi del decennio per caldo e siccità, ma grado zuccherino tra i più alti degli ultimi anni. Confcooperative: «Servono sostegni e nuove strategie per rilanciare il settore»
Reggio Emilia Si è chiusa con esiti tra i più modesti dell’ultimo decennio la vendemmia 2025 nell’area dei lambruschi. Le cantine sociali reggiane e modenesi, che trasformano il 94% delle uve prodotte nelle due province, hanno infatti registrato un calo del 17,2%, con una raccolta ferma a 2.349.609 quintali. Dopo la ripresa del 2024, quando si era registrato un aumento del 16,5% rispetto ad un 2023 largamente al di sotto della media decennale, il quantitativo di uve raccolte ha fatto un deciso balzo all’indietro, con quasi 500.000 quintali in meno rispetto allo scorso anno, 80.000 in meno sul già magro 2023 e 300.000 quintali al di sotto della media dell’ultimo decennio.
Dalle analisi presentate da Confcooperative Terre d’Emilia nell’incontro congiunto delle cantine sociali reggiane e modenesi (13 realtà con 23 stabilimenti) emerge, all’opposto, l’ottimo andamento della qualità, con un grado zuccherino, che è tra i più alti (il secondo, in graduatoria, attestato a 17,6 gradi) dell’ultimo decennio.
Il calo della produzione ha riguardato sia i Lambruschi che l’Ancellotta; per i primi, infatti, il raccolto è risultato inferiore dell’11,6% a quello del 2024 (complessivamente 1.395.000 quintali contro 1.577.000), mentre per l’Ancellotta la diminuzione è stata addirittura del 26,2%, con la produzione attestata a 766.000 quintali (270.000 quintali in meno rispetto allo scorso anno). In calo, infine, anche le uve bianche, con una produzione pari a 188.000 quintali (-12,4% sul 2024).
Il decremento generale della produzione, peraltro, è avvenuto senza sostanziali variazioni sulla superficie dei vigneti, oggi attestata a 16.996 ettari, vale a dire 77 in meno rispetto al 2024; ad incidere sul calo è stato, principalmente, un andamento stagionale molto caldo e con poche precipitazioni, che da una parte ha favorito la qualità ma, dall’altra, ha determinato la flessione dei volumi. Il decremento, tra l’altro, è stato maggiormente avvertito dagli stabilimenti reggiani delle cantine sociali, che hanno perso il 21% (le uve trasformate si sono attestate a 1.234.000 quintali), mentre negli stabilimenti modenesi la flessione si è attestata al 12% (1.115.000 quintali).
«Dopo i bilanci sulla raccolta – sottolinea Confcooperative – ora diventano decisivi i riscontri di mercato, che ci auguriamo possano ridare prospettive ad un comparto che negli ultimi tre anni ha scontato prezzi di riparto delle uve che si sono collocati tra il 20 e il 30% al di sotto di quelli del 2021 e, nonostante la lieve ripresa, nel 2024 ha garantito una plv per ettaro largamente inferiore addirittura a quella del 2015». «Siamo in presenza - prosegue la centrale cooperativa, che associa 620 imprese a Reggio Emilia, Modena e Bologna – di giacenze modeste negli stabilimenti, e questo può indurre ad un cauto ottimismo, sebbene attorno al sistema vitivinicolo proseguano campagne denigratorie prive di fondamento che demonizzano un prodotto che, al contrario, rappresenta un sano alimento se consumato con equilibrio».
Da Confcooperative parte anche la richiesta di interventi pubblici di sostegno al settore, «in particolare – sottolinea la centrale cooperativa – per sostenere “il necessario impegno delle cantine sociali verso progetti di riorganizzazione del comparto e processi industriali in grado di affiancarsi a nuove strategie commerciali delle aziende di trasformazione». Sul versante colturale, intanto, prosegue il processo di profondo cambiamento dei vigneti reggiani e modenesi. Negli ultimi dieci anni, infatti, gli impianti a Lambrusco (varietà prevalente nel modenese) sono diminuiti del 3% (oggi 9.245 ettari), quelli di Ancellotta (varietà maggiormente coltivata nel reggiano con oltre il 50% delle superfici a vigneto) sono aumentati del 39,5%, portandosi a 5.313 ettari, mentre quelli di Pignoletto e Spergola sono più che triplicati, passando da 431 a 1.438 ettari. Una riorganizzazione che, comunque, non è bastata ad invertire il trend in calo per i redditi; una pesante difficoltà, avviatasi nel 2022, che secondo Confcooperative richiede misure congiunturali di sostegno e interventi più strutturali che possano ridare slancio al comparto.