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Funghi velenosi: primi casi di intossicazione per l’Omphalotus olearus. Ecco come riconoscerlo

Reggio Emilia
Funghi velenosi: primi casi di intossicazione per l’Omphalotus olearus. Ecco come riconoscerlo

Filomena Marseglia (Ausl):«Si confonde con i galletti o cantarelli. I sintomi sono gravi, si finisce all’ospedale, non passa con un semplice mal di pancia»

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Reggio Emilia Una presenza costante della montagna e dell’Appennino in particolare, tanto gustosi quanto potenzialmente ingannevoli. Un ottobre dal clima temperato e i giorni del mondiale del fungo al Cerreto hanno portato nuove ondate di cercatori in collina e nel crinale appenninico reggiano a caccia di porcini, ovuli, galletti, mazze di tamburo. Funghi, coi loro nomi e i loro colori così eterogenei, da sempre alimento prezioso e nell’ultimo secolo una prelibatezza per le cucine rurali, oltre che enorme passione per centinaia e centinaia di persone che usano ogni momento libero per trovarne. Un mondo enorme, che presenta anche parecchie insidie, di cui parla una delle principali esperte provinciale, la dottoressa Filomena Marseglia, dirigente medico del Servizio Igiene degli Alimenti e Nutrizione del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Ausl provinciale reggiana.
 


Attenzione al Lophalotus olearius
Prima di tutto, sottolinea, «non è corretto dire che solo questa è la stagione dei funghi. I funghi crescono tutto l’anno, diciamo tranne forse a gennaio o febbraio, ma già da marzo i funghi tornano a essere presenti. È chiaro che la massa, diciamo il popolo dei raccoglitori, anche quelli della domenica, non si muove in primavera. In primavera girano gli appassionati, però già da marzo ci sono specie molto buone e molte belle, e le crescite continuano quasi sino a dicembre. L’autunno è il momento di massimo afflusso, ed è stato così anche nel 2025, perché c’è stata una forte crescita del boletus edulis, il porcino». Il porcino piace a tutti. Parecchi problemi in più lo ha dato di recente il Lophalotus olearius (o Omphalotus olearus), capace di provocare decine di intossicazioni sul versante toscano dell’Appennino nel giro di poche settimane.

È un fungo, spiega la Marseglia, «che si confonde con i galletti o cantarelli. Anche nel Reggiano ci sono stati dei ritrovamenti e abbiamo avuto dei casi di avvelenamento. Una delle cause principali è la grande somiglianza, se facessimo una hit parade della confondibilità dei funghi il parallelo tra omphalotus olearus e cantarellus sarebbe ai primi posti. Ed è un problema, perché in questo caso i sintomi sono gravi, si finisce all’ospedale, non passa con un semplice mal di pancia. Come fare? Bisogna aver pazienza, prendere esperienza e quando non ci sono sicurezza è fondamentale far controllare i funghi o astenersi dal consumarli, perché le conseguenze non sono gradevoli». Il rischio può essere ovunque: «L’omphalotus olearus è presente in tutto l’Appennino settentrionale, dalla Liguria sino alle Alte Marche. Ci sono differenze, dovute al tipo di habitat, di bosco, di lontananza dal mare, ma è presente in tutto l’Appennino, cresce vicino agli alberi. Ricordo un caso di alcuni anni fa, alcune persone molto esperte, che riconoscevano e sapevano conoscere i funghi e che sono state ingannate dal fatto che il fungo si trovasse a terra: loro pensavano quindi che fosse un cantarello, solo che sotto quella terra c’erano parti di vecchi alberi e non se n’erano accorti. Quindi probabilmente il legno c’era ma non l'avevano visto».


Le precauzioni, insomma, servono, pur con tutti i cascami che portano con sé. «Con alcuni funghi, come il porcino, è facile capire quando sia qualcosa d’altro. Anche se devo dire la verità, le sensibilità sono entrate e tanti ci portano anche il porcino da far controllare per esempio quando lo ricevono in regalo perché dicono: “Io non ne capisco niente, chi me l’ha regalato ha detto che è porcino però io lo faccio controllare” e quindi la sensibilità effettivamente c’è. In generale il porcino si riconosce, ben più complicata la questione con i funghi lamellati, che sono più difficili da identificare rispetto a quelli con i pori. I funghi con i pori devono avere la carne bianca, i pori bianchi o gialli, altrimenti non vanno raccolti», continua l’esperta dell’Ausl. Più articolato e complicato il discorso con i funghi lamellati, che «sono più complessi, ce ne sono tante varietà, sono confondibili Quindi è l'approccio col fungo lamellato è diverso rispetto al fungo con i pori, in più l’attenzione deve essere alta perché i funghi tossici mortali sono lamellati. Con i funghi coi pori ci si può intossicare, con alcuni dei funghi lamellati, come l’amanita phalloides o il cortinarius, si può morire. E quindi la cautela deve essere estrema». Si tratta di funghi che comunque sono ben noti. Eppure gli avvelenamenti proseguono anno dopo anno. Perché? «Principalmente perché i funghi andrebbero raccolti solo integri, altrimenti i rischi di confusione sono tanti. Un altro aspetto è la condizione del fungo, che spesso viene consumato anche in cattive condizioni. Non si sta male per il tipo di fungo, ma per il deteriorato. È strano, è la “golosità” del fungo. Una mela marcia nessuno si sognerebbe di mangiarla, coi funghi può accadere».  © RIPRODUZIONE RISERVATA