Caso affidi, lo psicologo Claudio Foti: «Il nostro progetto stava disturbando qualcuno»
Assolto in via definitiva dopo l’inchiesta di Bibbiano, ha presentato il suo nuovo libro a Reggio Emilia dal titolo: “Sopravvissuto”
Reggio Emilia «Siamo stati attaccati dalla destra e abbandonati dalla sinistra. Abbiamo toccato la famiglia, che in Italia è idealizzata. L’idea che ci fosse un progetto così incisivo contro i maltrattamenti in famiglia come il nostro ha disturbato qualcuno».
Claudio Foti ha fatto tappa a Reggio Emilia, al centro sociale Rosta Nuova, per la presentazione del suo ultimo libro “Sopravvissuto - Il dramma di Bibbiano” (edito da Giunti). Foti, assistito dall’avvocato Luca Bauccio, è stato assolto in via definitiva nel processo sugli affidi della Val d’Enza.
Qual è il significato del nuovo libro?
«Mi sono attaccato a questo libro anche come strumento per sopravvivere. Tre settimane di domiciliari, sei mesi di obbligo di dimora, la lunga attesa di 5 anni per passare dalla gogna mediatica all’assoluzione definitiva. È stato un periodo di crisi in cui ho dovuto ristrutturare il mio rapporto con la mia vita professionale e personale completamente sconvolta. Ho lavorato per anni al libro, per cercare di guardare alla nuova situazione, trovare obiettivi e significati a cui dedicarmi. Mi sono ritrovato quasi senza lavoro, ho continuato a fare lo psicoterapeuta perché un’area di persone mi ha chiesto di essere aiutata, ma il 95% per cento delle altre attività, di formatore, supervisore, conferenziere, erano svanite. Il Centro studi Hansel e Gretel, un’agenzia con 650 psicoterapie e 1.500 interventi formativi, improvvisamente ha cessato la propria attività, non perché era oggetto di inchieste giudiziarie, ma perché bloccata e sepolta dalle calunnie mediatiche. Questo libro è stato un tentativo di accettare la nuova situazione e pensare a un rilancio».
Che messaggio contiene?
«Le disgrazie fanno parte della vita, i cambiamenti anche sconvolgenti e traumatici ci possono attendere senza che siano previsti. La cosa importante è trovare un modo per sopravvivere. Nel mio caso è stato scrivere, meditare. Raccontare, esprimere il proprio dolore, contenere la rabbia e avere fiducia nei propri valori. Il valore fondamentale per cui vale la pena, contrastare la violenza degli adulti contro i bambini, soprattutto in famiglia, dei forti contro i deboli. Non solo può rovinare i bambini, ma danneggia il loro futuro».
Si aspettava che il processo di primo grado di “Angeli e demoni”, concluso lo scorso luglio, finisse così?
«Sì, ho dato per scontata anche nel libro l’assoluzione perché il teorema accusatorio si è sbriciolato nel dibattimento. Prove e testimoni dell’accusa non hanno retto nel confronto fra le parti. Un conto è un processo mediatico che non ha contraddittorio, un altro il processo giudiziario che ha una sua logica che mira a verificare i fatti come stanno. Il teorema accusatorio è crollato, poi ci sono le condanne marginali su questioni amministrative. Gli imputati sono stati vittima di un’ingiustizia colossale su cui bisognerà fare chiarezza. Questa vicenda va rielaborata per capire cosa sia avvenuto. Ciascuno è sopravvissuto con la propria strada. Abbiamo attivato risorse che pensavamo di non avere per sopravvivere a qualcosa di sconvolgente, paradossale. Si tratta di persone che hanno dedicato la propria vita all’ascolto dei bambini e improvvisamente sono diventati dei criminali. È stata bersagliata la Croce Rossa. Inoltre, siamo stati attaccati da destra e abbandonati dalla sinistra (un po’ attaccati anche qui e mi riferisco a Di Maio). Il sindaco è stato abbandonato. Siamo sopravvissuti anche a questo fuoco concentrico di destra e sinistra: andrà studiato».
Secondo il suo punto di vista, perché eravate finiti sotto inchiesta?
«Lavoravamo in una zona molto delicata su temi particolarmente sensibili e scivolosi: la tutela dei bambini in famiglia. In Italia la famiglia è sacra, idealizzata, è luogo di accudimento immaginario al cui interno non dovrebbero esserci violenze e io sono d’accordo. Ho dedicato la mia vita ad aiutare i genitori a sviluppare le proprie competenze emotive. Genitori che a volte, purtroppo, non ce la fanno anche se aiutati. Bisogna proteggere i bambini anche in quella situazione. Questo tema ha disturbato qualcuno. In quest’area l’idea che ci fosse un progetto di contrasto ai maltrattamenti in famiglia e la prevenzione della pedofilia così incisivo ha dato fastidio».l