Gazzetta di Reggio

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La sentenza

Crac Burani, sei mesi ciascuno a Giovanni e Valter per bancarotta fraudolenta

Serena Arbizzi
Crac Burani, sei mesi ciascuno a Giovanni e Valter per bancarotta fraudolenta

Reggio Emilia, la sentenza è stata pronunciata stamattina

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Reggio Emilia Sei mesi ciascuno per bancarotta fraudolenta con l'aggravante del danno danno ingente entità. Questo l'esito della sentenza pronunciata stamattina, 31 ottobre, a carico di Giovanni e Valter Burani. Il collegio di giudici, presieduto da Cristina Beretti, a latere Matteo Gambarati e Francesco Panchieri, si è riunito per elaborare il dispositivo subito dopo avere chiesto se vi fossero repliche, che non sono state presentate dalla Procura. Il pubblico ministero Stefano Finocchiaro, durante la scorsa udienza  aveva chiesto sette e otto anni ciascuno rispettivamente per Valter e il figlio Giovanni Burani. La due condanne pronunciate dai giudici stamattina (sei anni e mezzo) vengono messe in continuazione con altri procedimenti e, pertanto, la pena risulta di sei mesi. I Burani erano imputati per bancarotta sia per operazioni dolose, sia per distrazione. La difesa, rappresentata dall’avvocato Stefano Borella, aveva chiesto l’assoluzione per entrambi gli imputati o, in subordine, la derubricazione in bancarotta semplice.

Il processo

Si è concluso, dunque, il processo di primo grado al termine di un procedimento molto articolato. E si è chiusa anche ogni pretesa risarcitoria dalle parti civili, ovvero la curatela di Mariella Burani  e Designer & Licenses, con accordo chiuso il 30 settembre dello scorso anno.

La vicenda si fondava, infatti, su due contestazioni in particolare, entrambe inerenti il reato di bancarotta societaria per operazioni dolose. Più in particolare, le due società coinvolte erano Design & Licenses (ex Mila Schon group, controllata al 100 per cento da Mariella Burani Fashion Group in liquidazione) e Mariella Burani Fashion Group (Mbfg). Attualmente, Valter Burani, 92 anni, non si trova sottoposto a nessuna misura restrittiva, così come il figlio Giovanni: sono, dunque, entrambi liberi. Le accuse relative a questo procedimento giudiziario ruotano intorno a una serie di operazioni di finanziamenti e rifinanziamento legati a un’attività iniziata nel 2003 e sviluppata fino al 2008, con il coinvolgimento anche di L Capital, società del gruppo Louis Vuitton che ha agito tramite la società veicolo Sacap. A queste complesse operazioni di acquisto e vendita di azioni di Antichi Pellettieri si era proceduto mediante un ricorso al credito bancario e che avrebbero contribuito a causare il fallimento sia di D & L sia di Mbfg. Sacap sarebbe intervenuta sul capitale delle società del gruppo Burani con un accordo parasociale che non era noto al mercato. Sul mercato, infatti, si sapeva che la società avrebbe comprato il 30 per cento delle azioni della società del Gruppo Burani: credeva, in altre parole, in certe prospettive economiche del gruppo, quando in realtà, in partenza, era previsto un diritto di uscita a certi valori a distanza di cinque anni. Diritto di uscita che viene poi esercitato senza apparente motivo tramite una rinegoziazione dopo circa due anni, cioè molto prima del previsto. Secondo l’accusa, vi sarebbero state operazioni create ad hoc per aumentare il titolo alla Borsa di Milano, creando così una “bolla” sul mercato. Essendo un titolo gonfiato in modo fraudolento, si è manifestato un pesantissimo indebitamento che avrebbe provocato anche un danno sul mercato. Quattro in particolare le operazioni sotto la lente di ingrandimento.

La difesa, rappresentata dall’avvocato Stefano Borella, ha già annunciato che, una volta lette le motivazioni della sentenza, «faremo appello». Giovanni Burani si dichiara «soddisfatto per la chiusura di questo procedimento».