Gazzetta di Reggio

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Il delitto di Morsiano

Accusato di aver ucciso a sprangate il vicino: per il giudice l’aggravante dei futili motivi non c’è. E’ scontro con l’accusa

Ambra Prati
Accusato di aver ucciso a sprangate il vicino: per il giudice l’aggravante dei futili motivi non c’è. E’ scontro con l’accusa

Villa Minozzo: il pm Pantani ha detto che non riformulerà le accuse contro Cristian Chesi per la morte di Stefano Daveti

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Villa Minozzo Colpo di scena nell’udienza preliminare che avrebbe dovuto decidere dell’eventuale rinvio a giudizio di Cristian Chesi, 49 anni, indagato per l’omicidio volontario aggravato (dai futili motivi e dalla minorata difesa) del vicino di casa Stefano Daveti. È stato lo stesso giudice per l’udienza preliminare Matteo Gambarati a sollevare una questione: a suo avviso l’aggravante dei futili motivi – che, se riconosciuta insieme all’omicidio volontario, può condurre all’ergastolo ed escludere il rito abbreviato – non sussiste. Il gup ha invitato l’accusa a riformulare il capo d’imputazione, ricevendo un netto rifiuto dal pm Maria Rita Pantani.

Il caso

Parliamo del delitto di Morsiano, dove il 21 giugno 2024 Stefano Daveti, 63enne originario di La Spezia, litigò con Emore Chesi davanti a casa e poi venne preso a sprangate dal figlio Cristian mentre si trovava in camera da letto. L’allarme venne dato in serata, troppo tardi. Ricoverato all’ospedale Maggiore di Parma, Daveti morì dopo tre giorni di agonia. L’indagine si basa su una serie di attività, tra le quali le analisi di laboratorio sui reperti prelevati dagli esperti del Ris di Parma, l’autopsia sul corpo del 63enne e i dati estrapolati dai telefonini e dagli strumenti informatici di padre e figlio, all’inizio entrambi indagati; poi la posizione del padre è stata stralciata. Cristian è passato dai domiciliari al carcere il 3 ottobre scorso dopo un braccio di ferro sulla misura.

La contestazione
Ieri, in apertura d’udienza, dopo essersi assicurato che le parti non avessero eccezioni da sollevare, è stato il giudice a farsi avanti a sorpresa ponendo d’ufficio una questione tecnica di particolare importanza per gli sviluppi futuri. Il gup ha espresso perplessità in merito alla configurabilità delle aggravanti contestate, in particolare sui futili motivi: in base all’articolo 423 modificato dalla riforma Cartabia in funzione garantista (il giudice, se rileva un’imprecisione o un’insussistenza nell’imputazione, deve attivare il contraddittorio tra le parti), ha invitato l’accusa a riformulare il capo d’imputazione togliendo quell’aggravante. La quadra, però, non è stata trovata: il pm Pantani ha anticipato che non modificherà e ha chiesto la restituzione degli atti vista l’imminente scadenza dei termini di custodia, ma il gup ha deciso di concedere i termini per rifletterci sopra disponendo un breve rinvio. Quando la palla passerà all’accusa, quest’ultima avrà due scelte: o allinearsi all’invito del gup e rifare il capo oppure “tirare dritto” nell’azione penale. In tal caso il giudice diventerebbe incompatibile.

Le reazioni
La mossa ha sorpreso tutti, in primis l’avvocato Andrea Lazzoni che tutela i fratelli della vittima Andrea e Renzo, presente in aula. «Non me l’aspettavo. Mi sarei aspettato semmai l’impulso a modificare il capo nell’aggiunta di un’aggravante non contestata, cioè le sevizie e la crudeltà, visto che dalla relazione dell’autopsia emerge un accanimento dei colpi: un’aggravante in più, non una in meno – ha detto l’avvocato Lazzoni, che ha depositato la costituzione di parte civile – . Ritengo che sia giuridicamente e moralmente corretta la contestazione del pm. Questo non è un omicidio semplice e non dev’essere giudicato come tale. Che poi che si possa arrivare a una caduta dell’aggravante davanti a una corte ci può stare, ma escluderla in via preliminare a mio avviso non risponde al contenuto degli atti». L’avvocato difensore Noris Bucchi ha scelto di non rilasciare dichiarazioni.  © RIPRODUZIONE RISERVATA