Non riusciva più a mangiare a causa di una grave malformazione: 72enne salvata dai medici dell’ospedale Santa Maria
Reggio Emilia, la compressione di un’arteria sull’esofago le impediva di nutrirsi. La delicata operazione è stata eseguita nella sala ibrida del Core
Reggio Emilia Una donna di 72 anni rischiava di morire a causa di una grave malformazione che le impediva di nutrirsi come il suo fisico avrebbe richiesto. E questo perché una arteria le schiacciava l’esofago fino ad impedirle di nutrirsi con cibi solidi, e la signora, perdendo peso ogni giorno di più si stava lentamente spegnendo. A fermare questo processo che rischiava di diventare irreversibile ci hanno pensato i medici del Santa Maria che – dividendosi i compiti in quello che è il più classico approccio interdisciplinare – hanno letteralmente salvato la vita alla settantaduenne reggiana.
La diagnosi
La diagnosi è arrivata dai medici dell’equipe di Medicina Gastroenterologica diretta dalla dottoressa Marina Beltrami, che hanno trovato la causa di quella grave menomazione. Dalla diagnosi si è poi passati all’intervento eseguito dall’equipe di Chirurgia vascolare diretta dal dottor Nicola Tusini che ha operato la donna rimuovendo ciò che le impediva di nutrirsi autonomamente e lo ha fatto all’interno della sala ibrida, una sala operatoria dotata di un apparecchiature radiologiche avanzate che attingono anche alla realtà virtuale. I fatti risalgono ad alcune settimane fa quando la signora si era rivolta ai gastroenterologi del Santa Maria Nuova che avevano disposto vari accertamenti diagnostici tra cui una AngioTC e uno studio endoscopico. Dalla AngioTC era emersa la presenza di una rara anomalia anatomica, l’arteria succlavia lusoria, che ha il compito di portare il sangue ossigenato all’arto superiore, si trovava in modo anomalo a decorrere tra esofago e colonna vertebrale determinando una compressione sull’esofago stesso.
L’intervento
«Per sopperire all’impossibilità di alimentarsi da parte della paziente – spiega il dottor Antonio Fontana, tra gli esecutori della pratica chirurgica poi risolutiva del caso, – era stato inizialmente posizionato, grazie al servizio di endoscopia digestiva, un apposito sondino gastrico transcutaneo per consentire l’alimentazione mediante nutrizione artificiale. Dopo altri esami e non pochi consulti tra i medici delle diverse discipline interessate si è alla fine deciso di sottoporre la paziente a un delicato intervento chirurgico, con una sorta di protesi interna a livello dell’aorta in modo che l’esofago non fosse più compresso. Contestualmenente si è intallato un bypass a livello del collo per garantire la vascolarizzazione dell’arto destro». La possibilità di utilizzare nuove tipologie di endoprotesi ramificate in uso nel nostro ospedale e l’opportunità di effettuare interventi nella sala ibrida del Core con l’utilizzo delle moderne tecnologie di assistenza computerizzata hanno permesso di risolvere la problematica della paziente con una minina invasività e un decorso post-operatorio rapido e privo di problematiche. La paziente, dopo un breve ricovero e una graduale ripresa dell’alimentazione spontanea ha intrapreso un percorso di "svezzamento" dall’alimentazione artificiale tornando a una vita normale. «Il caso ci rende orgogliosi delle nostre equipe mediche e chirurgiche – sottolinea il direttore generale dell’Ausl Irccs di Reggio Emilia, Davide Fornaciari –. Questo è un esempio di come la multidisciplinarietà tra i vari professionisti, associata alle loro competenze e alle innumerevole tecnologie a disposizione per la diagnostica e il trattamento di patologie rare e complesse possa portare a risultati di rilievo attingendo dalle professionalità e dalle più innovative tecniche chirurgiche in utilizzo a Reggio Emilia». l© RIPRODUZIONE RISERVATA