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“Invivavoce”, l’intervista al sindaco Massari: «L’educazione sessuale e affettiva è necessaria fin dalla prima età»

“Invivavoce”, l’intervista al sindaco Massari: «L’educazione sessuale e affettiva è necessaria fin dalla prima età»

Il primo cittadino di Reggio Emilia commenta il ddl Valditara, recentemente approvato, e il patrocinio del Comune all’evento della Gazzetta di Reggio

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Reggio Emilia “Invivavoce”, lo spettacolo-evento che andrà in scena mercoledì 26 novembre al Teatro Ariosto, in concomitanza con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è stato ideato e organizzato dalla Gazzetta di Reggio in collaborazione con l’associazione Nondasola, la partecipazione di studentesse e studenti reggiani e quella di tre prestigiose scuole di danza cittadine, Nuovo Balletto Classico, Eidos e Arcadia. Con il patrocinio del Comune di Reggio Emilia. Un patrocinio non solo simbolico ma dalla valenza sociale e progettuale. Uno spettacolo, "Invivavoce", che si aggiunge alle numerose iniziative che ogni anno l’amministrazione comunale mette in campo in collaborazione con le tante e diverse realtà del Tavolo contro la violenza sulle donne. Ne abbiamo parlato con il sindaco Marco Massari.

Innanzitutto sindaco come giudica il lavoro fatto negli anni dal Tavolo interistituzionale contro la violenza maschile sulle donne promosso dal Comune di Reggio a partire dal 2006?

«È un lavoro prezioso e significativo, che mette insieme istituzioni, forze dell’ordine e il centro antiviolenza nel contrastare con una rete la violenza di genere. È un tema che riguarda tutte e tutti noi e che va affrontato con un approccio multidisciplinare. Serve condividere punti di vista, formarsi a vicenda e indirizzare azioni, politiche e proposte per arrivare a un profondo cambio culturale. Tra le iniziative del tavolo interistituzionale mi piace ricordare la produzione dell’opera d’arte "Parole Parole Parole" di Elena Mazzi, che attraverso un intenso percorso di confronto e laboratori ha portato alla creazione di una carta da parati "parlante" che oggi caratterizza ad esempio la biblioteca Panizzi, lo spazio Gerra, il Centro Antiviolenza-Casa delle Donne, Palazzo dei Musei, lo stadio e diverse scuole del territorio. Un progetto che unisce arte, educazione, consapevolezza».

Nel 1997 Nondasola apriva in città il Centro antiviolenza-Casa delle donne. Quanto è importante, a Reggio, poter contare sulla presenza attenta e capillare dell’Associazione Nondasola?

«Importantissimo. Nondasola va infatti ringraziata per quello che fa ogni giorno a tutela delle donne vittime di violenza ma in generale per cambiare una cultura fondata sulla violenza e sulla supremazia di genere. Dal centro antiviolenza alle Lunenomadi, progetto che si propone di costruire reti e relazioni tra donne di diverse parti del mondo, fino ai progetti educativi e alle tante iniziative per migliorare la conoscenza e consapevolezza del fenomeno. Nondasola è davvero una ricchezza del nostro territorio, da preservare e sostenere. Il centro antiviolenza rappresenta non solo un supporto concreto per tutte le donne che provano ad uscire dalla spirale della violenza, ma soprattutto un presidio del territorio che produce saperi, cultura a difesa di una democrazia e a tutela di cittadine e cittadini».

Il Comune ha concesso il patrocinio allo spettacolo "Invivavoce-Storie sommerse di violenza di genere" che porterà sul palco le voci, le emozioni, i vissuti di tantissimi studenti e studentesse delle scuole superiori reggiane. Quanto è importante, secondo lei, partire dai giovani?

«Estremamente importante, direi decisivo. In questo senso, il Comune di Reggio Emilia sostiene le attività di prevenzione che l’associazione Nondasola porta avanti da oltre 20 anni nelle scuole di ogni ordine e grado e lo fa con convinzione. I dati locali degli ultimi anni raccontano un abbassamento dell’età delle donne che si rivolgono al centro antiviolenza e non perché la violenza accade prima, ma perché le donne maturano la consapevolezza di vivere una relazione violenta in tempi più rapidi rispetto al passato proprio grazie al lavoro di prevenzione. Con lo spettacolo "Invivavoce" viene sostenuto e difeso con forza un principio nel quale crediamo molto: il coinvolgimento dei giovani, con un linguaggio artistico e mettendo in gioco le emozioni, è una delle chiavi più potenti per affrontare il fenomeno e produrre quel cambiamento culturale tanto necessario».

Sentiamo ripetere che la prevenzione della violenza di genere si basa su un cambiamento culturale che coinvolge l’educazione e la sensibilizzazione contrastando stereotipi e discriminazioni. Eppure, proprio di recente, è stato approvato il ddl Valditara che di fatto lascia fuori dalle porte delle scuole l’educazione sessuale e affettiva. Cosa ne pensa?

«Ritengo che l’educazione sessuale e affettiva siano fondamentali e vadano affrontate, con parole corrette e con immagini adeguate, fin dalla più tenera età. La scuola deve parlare di questi temi, così come deve farlo la famiglia: non servono tabù, serve consapevolezza».

Il supporto e la tutela rivolta alle donne vittime di violenza da un punto di vista giuridico e sociale negli anni, sulla carta, hanno fatto passi avanti. Sono stati introdotti nuovi reati, sono previste misure cautelari (negli intenti) più efficaci e sono state inasprite le pene. E allora come si spiega l’inesauribile scia che vede quasi ogni giorno il verificarsi di un femminicidio? Cosa serve di più? E che cosa non funziona? Per esempio il Codice Rosso pare non avere risposto alle aspettative.

«Di sicuro il Codice Rosso è stato un passo importante, ma da solo non basta. La violenza di genere non è solo una questione di leggi: è un problema strutturale, che richiede un cambiamento profondo nella cultura, nelle istituzioni e nella società. Servono più formazione per gli operatori, più prevenzione culturale, più risorse e più coordinamento su territori molto diversi l’uno dall’altro. Il problema è prima di tutto ancora culturale: finché le donne non saranno ascoltate, credute, sostenute e protette in modo tempestivo, la legge resterà - come spesso accade - uno strumento troppo teorico».

Cosa può fare un’amministrazione comunale per combattere la violenza di genere? Cosa è stato fatto e cosa c’è ancora da fare a Reggio?

«Un’amministrazione può fare molto e ritengo che Reggio Emilia sia, proprio per la presenza di una rete associativa così forte e attiva accanto a un tessuto istituzionale recettivo, all’avanguardia. Ci muoviamo con un modello articolato: accoglienza, rete interistituzionale, sensibilizzazione, prevenzione. Le strutture ci sono, le risorse sono allocate, i dati raccolti. Il centro antiviolenza-Casa delle donne dell’Associazione Nondasola - sostenuto dal Comune - è attivo da anni e registra numeri molto significativi. In media si contano 350 donne nuove ogni anno che si rivolgono al centro».

Ed è recente la costituzione di un nuovo Tavolo…

«Nel luglio scorso è stato attivato un tavolo, "Reggio Emilia contro la violenza sulle donne", che riunisce una cinquantina di soggetti del territorio con la finalità di costruire sguardi comuni e azioni congiunte per prevenire la violenza di genere. Inoltre, grazie alla relazione con Unimore, da ottobre 2025 è attivo anche uno sportello antiviolenza gestito dall’associazione Nondasola in collaborazione con il Comune. Tanti sono i progetti educativi, nelle scuole di ogni ordine e grado, che mirano anche a riconoscere la violenza fin dalle parole, dai gesti comuni. C’è una rete che sostiene le donne, che si attiva con le segnalazioni e le denunce; tuttavia, la sfida maggiore resta anticipare l’intervento, mettere in moto il cambiamento culturale che possa arrivare a ridurre il numero dei casi in modo strutturale, fino a debellare completamente il fenomeno in tutte le sue forme. Per questo continueremo a lavorare e a tenere alta l’attenzione sul fenomeno, anche sostenendo progetti come lo spettacolo/evento "Invivavoce" della Gazzetta di Reggio con passione e convinzione».l© RIPRODUZIONE RISERVATA