Guida Michelin, se per avere una stella oggi servono più che altro budget, pr e social
Sempre più spesso essere in guida non significa essere per forza i migliori Si rischia di celebrare chi ha più visibilità online. Il merito resta dietro le quinte
Anche questa stagione “di guide” si sta concludendo, nel senso che concluse le visite degli ispettori nei vari locali, sono arrivate le varie presentazioni dei volumi più prestigiosi e le proclamazioni, a Parma l’altro giorno il top con la Guida Michelin. Quindi? Tu ristorante o tu chef sei già in una guida? Oppure speri di entrare a far parte di questa o di quella? Hai le competenze e i meriti giusti per far parte di una guida? Qualità, servizio, princìpi, ambienti, ecc.? Spesso ristoratori e chef non si pongono queste domande, vorrebbero entrare a far parte di una guida senza rendersi conto che non tutti possono farlo, per tanti valori aggiunti che non tutti hanno. Vero anche che, nonostante tutte le attenzioni e accortezze, le guide non sono mai state infallibili. Da qualche anno a questa parte, però, sorgono sempre più dubbi su come un ristorante venga valutato e messo in guida.
Si è perso, ad esempio, completamente per strada un concetto forse più importante di tutti gli altri, quello che un ristorante per arrivare ai massimi riconoscimenti, oltre alla qualità nel cibo e nel servizio, dovrebbe avere una solidità d’impresa concreta, con incassi e guadagni reali. Ed essere premiato, quindi, per le enormi fatiche che fa per rimanere in gioco, tra tasse, stipendi da pagare, materie prime, annessi e connessi. Invece, è sempre più sotto gli occhi di tutti il prediligere, da parte delle guide, realtà costruite ad arte, con capitali enormi alle spalle, in cui famosi investitori comprano quello che vogliono, puntando per qualche anno a progetti che di utile hanno poco o niente, visti i disavanzi che ogni anno vengono messi già in conto, fin dal momento della progettazione dell’impresa. Ma che senso ha tutto questo? È la nuova moda, quella di aprire un ristorante per rimetterci.
Una volta erano premiate le persone, le famiglie, gli sforzi incredibili che ciascun titolare o chef faceva per andare avanti. Veniva dato un giusto riconoscimento a chi aveva tutto sulle sue spalle, come si dice. Oggi sembra proprio vincere unicamente lo spettacolo, tra social, reel, storie e peggio ancora, mentre i meriti veri probabilmente non vanno più di moda. Per tanti, sembra proprio che guadagnare con il lavoro di ristorazione non abbia più un gran senso, l’importante è che dietro ci sia lo show. A tanti nomi storici della ristorazione se chiedi di parlarti della loro storia, rimani affascinato da quello che ti raccontano e dalle emozioni con cui lo fanno, parlando di aneddoti incredibili, impegni, notti insonni e tant’altro, che hanno passato per costruire tutto, per riuscire ad andare avanti. Dispiace molto vedere che oggi, invece, vai avanti se hai più finanziatori di altri, disposti a investire somme enormi in progetti che magari non vedranno mai un guadagno. C’è poi un altro aspetto, tristemente noto. Sempre più frequentemente la maggior parte di riconoscimenti e meriti nell’alta ristorazione è destinata a grosse strutture alberghiere, con all’interno il loro ristorante di riferimento, tenuto in piedi, tranquillo e sicuro, grazie agli introiti dell’intera struttura perché da solo non riuscirebbe a stare aperto per molto tempo. Bene, ci mancherebbe, ben venga, però anche in questo caso a vincere è il soldo anziché il merito.
Ma la domanda delle domande rimane: ma le guide ai ristoranti servono ancora a qualcosa? Certo che servono, senza guide non si riuscirebbe a sapere e a capire tante cose relativamente ai ristoranti, ma bisogna essere sempre più bravi a interpretare il linguaggio di una guida e comunque non prendere mai per Vangelo quello che vi si trova scritto. A questo punto rischia di diventare tutto più difficile. È proprio così, grazie alla confusione scaturita dalle nuove filosofie di questo periodo storico, soprattutto social. Vedi certe piattaforme sulle quali si trovano riportati commenti incredibili e per niente veritieri, spesso costruiti ad arte per creare solo danno a un ristorante o all’altro. Una volta i grandi chef venivano celebrati nei loro locali, nelle loro cucine, oggi la gara è tra chi apre più ristoranti col proprio nome, finendo poi col non essere presente in nessuno di questi. A chef e ristoratori seri l’appello perché rifiorisca la voglia di mettersi in gioco, per crescere professionalmente e con l’umiltà di prendere coscienza del proprio livello qualitativo per potersi migliorare, lasciando perdere le guerre intestine tra colleghi. Alle guide, alle redazioni e agli ispettori, chiediamo invece maggiore serietà e certezza nei giudizi dei vari locali da menzionare, premiando chi ci mette anima e cuore, chi si fa trovare nel suo ristorante, ai fornelli, e non chi ha più investitori di altri. Per i locali già presenti in guida da anni, senza più aggiornamenti, la raccomandazione è di tornare a visitarli, per rinfrescare la valutazione generale con verifiche che dovrebbero servire a confermare ulteriormente la qualità oppure ad espellere dalla guida chi non merita più. Così facendo, le guide si sfoltirebbero di parecchio e risulterebbero più veritiere.l © RIPRODUZIONE RISERVATA
