Gazzetta di Reggio

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L’opera

La Diga di Vetto può diventare realtà nel 2031

Nicolò Valli
La Diga di Vetto può diventare realtà nel 2031

Parla il commissario Orlandini: «Vogliamo che sia sicura e valida»

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Vetto Il primo incontro pubblico è a casa sua, nell’Aula Magna di Unimore in viale Allegri, quasi a voler partire con un inizio soft perché da ora in avanti ci sarà da correre. Non ci sono esami all’orizzonte ma quella tenuta ieri dal professor Stefano Orlandini, ordinario di Ingegneria idraulica dell’Ateneo, è stata una vera lezione, davanti a cittadini attenti e desiderosi di avere informazioni sulla diga di Vetto.

Il tema è fondamentale in quanto da questa estate Orlandini è stato nominato dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini commissario straordinario per dare il via definitivo al progetto di cui si dibatte da decenni, senza che si sia mai avviato. Ora, invece, ci sono date e si abbozza anche quella di fine progetto: il 2031, se effettivamente il cantiere partirà nel 2027. Una speranza e, al tempo stesso, un obiettivo.

Nell’incontro, che il commissario ha precisato essere dal tenore “tecnico-informativo”, è infatti stato stilato un crono-programma sul completamento dell’imperiosa opera utile a evitare dissesti idrogeologici e anche all’uso di energia idroelettrica. Orlandini non ha dato certezze, limitandosi a dire che il punto di partenza è il documento di valutazione delle alternative progettuali (Docfap) consegnato a ottobre dai Consorzi di bonifica dell’Emilia Centrale e Parmense, che fissa i parametri in 86 milioni di metri cubi di acqua per un costo di 519 milioni di euro.

«Sono stato nominato il 16 luglio e ho 24 mesi di tempo per arrivare, a luglio 2027, alla progettazione esecutiva dell’opera – sostiene –. Ora parte la fase di dibattito pubblico alla presenza di istituzioni, geologici e tecnici, quindi si passa alla progettazione vera e propria sino ai dettagli per la gara d’appalto. Guardo al Docfab, certo, ma anche al progetto Marcello: è molto ben fatto».

Orlandini ha spiegato che la nomina del Governo presuppone il riconoscimento della diga di Vetto come interesse statale. Tra i presenti, ieri, c’erano cittadini dell’Appennino ma anche della Bassa Reggiana, a partire da quelli di Lentigione che nel 2017 hanno vissuto il dramma dell’alluvione e che seguono con attenzione le fasi del progetto. Il commissario ha rassicurato sulla qualità dell’operazione che interessa tutti i paesi lungo l’Enza, a partire dai materiali per la realizzazione della diga.

Orlandini non esclude nulla, nemmeno la realizzazione della diga alle strette delle Gazze anche se, numeri alla mano, ha illustrato la differenza di quantità d’acqua con quella di Vetto, quest’ultima decisamente maggiore come curva di invaso per la capacità di contenimento idrica: elementi che saranno al vaglio della fase del dibattito pubblico.

C’è anche un alto tema, sempre all’attenzione: quello dell’equilibrio che si dovrà trovare con l’ambiente con l’obiettivo di tutelare la fauna presente in Appennino. «Le opere idrauliche si fanno per avere un impatto positivo – dice Orlandini –. Per il nostro ambiente i vantaggi sarebbero decisamente significativi. Non ci sarà alcuna azione di forza: in caso di eventuali espropri si cercherà un accordo con i proprietari dei terreni. Vogliamo un’opera sicura». Sul senso di responsabilità, il commissario conclude: «Non ho alcuna ambizione personale, ho accettato la nomina per spirito di servizio. Sono però convinto che questa opera debba essere fatta».