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“Invivavoce”, gli studenti del Nobili presentano il corto “Violenza è violenza. Il primo passo è riconoscerla”

“Invivavoce”, gli studenti del Nobili presentano il corto “Violenza è violenza. Il primo passo è riconoscerla”

Il progetto, nato a seguito di un laboratorio con Nondasola, sarà proiettato mercoledì 26 novembre al Teatro Ariosto

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Reggio Emilia C’è differenza fra una relazione tossica e una relazione violenta? Se lo sono domandati gli studenti dell’istituto Nobili durante un laboratorio con l’associazione Nondasola, che gestisce il centro antiviolenza. Dalla riflessione che ne è scaturita è nata l’idea di realizzare un cortometraggio: si chiama Violenza è violenza. Il primo passo è riconoscerla” e vede protagonisti Samuele Nestola, Jaskaran Singh, Vittoria Aldrovandi, Gaia Amico, Yasmine El Bahlili, Letizia Frascinotti, Alessia Leone, Ilaria Modica, Vanessa Perego, Sophia Angileri, Angelica Chiarabini, Cecilia Lusuardi, Valeria Simonetti e Jerimiah Adebayo.

Mercoledì 26 novembre il corto sarà proiettato al teatro Ariosto di Reggio Emilia in occasione dell’evento "Invivavoce. Storie sommerse di violenza di genere" della Gazzetta che, per raccontare questo fenomeno, ha scelto la voce della Generazione Z.

Come è nata l’idea di trasformare quella riflessione in un cortometraggio?

«Quel confronto è stato molto importante in quanto ci siamo resi conto che spesso termini come "tossico" e "violento" vengono usati nel modo sbagliato e che non sempre i campanelli d’allarme che dovrebbero risuonare quando qualcosa in un rapporto non va sono riconoscibili. Ma parlare di queste cose a volte non basta perciò, per mandare un messaggio che rimanesse impresso, abbiamo pensato di realizzare un cortometraggio. Il punto di partenza è stato il libro "Parlo io" realizzato nella nostra scuola due anni fa. Attraverso varie scene abbiamo cercato di far emergere i segni distintivi delle relazioni violente. Questo progetto è stato il nostro mezzo per dar voce a tante persone che si trovano in queste situazioni e che magari neanche se ne rendono conto. Ma anche a persone che ne sono uscite e che ci stanno entrando... La consapevolezza è il primo passo per combattere la violenza».

Se doveste spiegare a un vostro coetaneo che cosa rende una relazione tossica, quali aspetti o situazioni citereste per primi?

«Una relazione è tossica quando ti senti limitato invece che sostenuto. Tra gli aspetti, sicuramente una gelosia eccessiva che viene giustificata con l’amore, ma in realtà ti fa sentire controllato. Il controllo o la manipolazione sono un altro sintomo: far sentire in colpa, farti dubitare di te stesso, decidere cosa puoi o non puoi fare. Anche la mancanza di rispetto, sia nei confini personali che nel modo di parlarsi. Poi c’è la dipendenza emotiva di cui ti accorgi quando senti che senza l’altra persona non puoi fare nulla o che devi "salvarla" sempre tu. Infine la paura di parlare: il non sentirsi libero di dire come stai perché temi reazioni esagerate. In generale, una relazione è tossica quando ti toglie energia invece di darti serenità. Per questo è sempre violenta».

Che valore ha avuto per voi confrontarvi su temi di educazione sessuoaffettiva in ambito scolastico?

«È stato importante perché permette di mettere ordine su cose di cui spesso non si parla davvero o lo si fa in modo superficiale. Confrontarci ci ha aiutato a capire che certe situazioni che sembrano "normali" non lo sono affatto. Aiuta anche ad avere più strumenti per riconoscere ciò che fa stare bene e ciò che invece è un campanello d’allarme. In sintesi, dare un nome alla violenza e riuscire a dirla a parole aiuta perché la rende più concreta. Così diventa più facile riconoscerla quando si manifesta».

Quali nuove consapevolezze avete acquisito partecipando al laboratorio con Nondasola sul tema della violenza nelle relazioni?

«Abbiamo capito il significato di termini comunemente utilizzati nel definire le relazioni e quale tipo di comportamento è giusto avere nei confronti del proprio partner e quale non lo è. Abbiamo acquisito molta più consapevolezza su questo tema grazie all’approfondito confronto con le esperte, che hanno chiarito ogni nostro dubbio e ci hanno permesso di avere un occhio più attento per il nostro bene e per il bene delle relazioni che abbiamo o che andremo a instaurare».

Dal vostro punto di osservazione, quanto bisogno c’è di parlare di questi temi nelle scuole?

«È fondamentale parlare di queste tematiche nelle scuole, perché così come ci viene insegnato a scrivere, a esporre le nostre idee e studiare le varie materie, è giusto che venga insegnato come rapportarci nel modo corretto con l’altro. Parlarne non è mai abbastanza. Progetti come questi sono importanti per giovani che stanno avendo i primi approcci con l’amore, quindi ancora inesperti, e, spesso senza volere, assumono comportamenti inadeguati. Parlarne aiuta a riflettere, a migliorare, ad avere un rapporto sano con il proprio partner. Nessuno sa come stare al mondo appena nasce e spesso siamo influenzati da come siamo stati cresciuti e dal tipo di amore che vediamo nei nostri genitori...ma non sempre è un tipo di amore sano. Per questo è importante che a scuola si parli dei comportamenti corretti e di quelli che invece non lo sono». l© RIPRODUZIONE RISERVATA