La canzone dei P38 su Aldo Moro non fu istigazione al terrorismo. Archiviazione per Marco Vicini e la band
La sentenza a Torino anche per il concerto organizzato il 1 maggio 2022 all’Arci Tunnel di Reggio Emilia. L’ex presidente: «Non lo rifarei, ma rimango dell’idea che la musica debba far riflettere»
Reggio Emilia «Sono contento che il tribunale di Torino abbia confermato ciò che ho sempre sostenuto. Non sono un terrorista. Credo che chi mi conosce non abbia mai avuto dubbi a riguardo». Questa la reazione a caldo di Mauro Vicini, 41 anni, l’ex presidente del circolo Arci Tunnel di via del Chionso finito nei guai per l’esibizione dei P38-La Gang. A distanza di tre anni e mezzo da quel polverone il gip di Torino Anna Mascolo, accogliendo la proposta dello stesso pm Paolo Scafi, ha disposto l’archiviazione per Vicini e per i quattro della band – Pietro Columbu, 30 anni, Luca Severino, 37, Andrea Monti, 26 e Arber Leda, 32enne bolognese – indagati per istigazione al terrorismo (il gruppo musicale anche per diffamazione e vilipendio delle istituzioni).
«Le condotte contestate costituirebbero soltanto un’operazione artistico musicale provocatoria che affonda le sue radici nel genere rap/trap e che costituisce la sua voluta novità nel proporre come modello antisociale il terrorista degli anni ’70», recita la sentenza. Per il primo maggio 2022 Vicini organizza il concerto della band (che deve il suo nome all’arma preferita dai brigatisti), che si esibisce con il passamontagna, la stella a cinque punte delle Br e brani che inneggiano agli anni di piombo. Apriti cielo: scoppia una bufera politica, il circolo viene chiuso per irregolarità (ha poi riaperto con un altro presidente), l’Arci e il sindaco prendono le distanze. A sollevare il caso su Reggio è Bruno D’Alfonso, figlio di un carabiniere ucciso dalle Br; intervengono pure Maria Fida (la figlia di Moro, senatrice deceduta nel 2024) e Lorenzo, figlio di Marco Biagi. Sulla P38 già indaga la Procura di Torino, perciò il filone reggiano viene unificato. Secondo la stessa accusa, in ragione della Cartabia, non si può prospettare «una ragionevole prognosi di condanna». «Il contenuto della canzone non contiene espressioni offensive in senso tecnico nei confronti di Aldo Moro («presidente mi sembra stanco, la metto dentro una Renault 4») ma si limita a rievocare (in modo eticamente spregevole) la tragica uccisione senza attribuire alla vittima qualità negative». Tesi sposata in toto dal gip: «La rilevata non sussistenza dell’ipotesi di reato si coniuga con la inidoneità degli elementi di formulare una favorevole prognosi di condanna». Caso chiuso.
«Sapevo che non c’era possibilità di interpretare diversamente quello che ho sempre ritenuto uno spettacolo artistico provocatorio – commenta Vicini – Mi fa piacere che la Procura di Torino, dopo aver verificato, abbia dissipato qualsiasi equivoco, nonostante il tentativo di ricamarci sopra». Alla domanda se lo rifarebbe, Vicini sospira: «Ovviamente no. Se penso alle conseguenze dal punto di vista personale, alle conseguenze per il circolo, al battage mediatico, non lo rifarei. Ho sottovalutato la situazione, non immaginavo che sarebbe stata presa alla lettera. Rimango dell’idea che la musica debba far riflettere». Oggi Vicini organizza spettacoli in giro per l’Italia e collabora con una piattaforma americana di data annotation, il meccanismo che addestra l’AI. «È stato messo un punto, spero definitivo. Adesso posso lasciarmi l’accaduto alle spalle e andare avanti con serenità. Un grazie al mio avvocato Federico Bertani». La band, ricostituita, ha annunciato che si esibirà all’Alcatraz di Milano. © RIPRODUZIONE RISERVATA