Scorie di acciaio nell’area Dugara dove esiste un progetto per un polo logistico: tutto quello che sappiamo dell’inchiesta
Brescello: tra gli indagati l’imprenditore Claudio Bacchi, la madre Franca Soncini, professioni e tecnici di Arpae
Brescello Si torna a parlare dell’area Dugara a Brescello, da tempo al centro di un progetto per la costruzione di un grande polo logistico, avversato dal Comune e dall’Unione Bassa Reggiana perché ritenuto troppo impattante dal punto di vista ambientale. Ieri mattina i carabinieri, su disposizione del sostituto procuratore Giulia Galfano e del procuratore capo Calogero Gaetano Paci, hanno messo i sigilli all’area – che si trova tra la Cispadana verso Parma e via Peppone e don Camillo – di proprietà della società Dugara di Boretto. Sotto il terreno, secondo gli inquirenti, sarebbero state interrate a partire dal 2016 900.000 tonnellate di scorie di acciaio. La società aveva ottenuto l’autorizzazione per realizzare un impianto di recupero delle scorie, destinate alla produzione di sottofondi stradali da utilizzare nelle opere di urbanizzazione dell’area. Per gli inquirenti il ciclo di recupero non sarebbe stato completato in modo corretto. L’inquinamento che ne sarebbe derivato avrebbe coinvolto le falde acquifere, con il superamento delle soglie di ferro e zinco ritenute sicure in base alla legge. Tra gli indagati figurano l’amministratore unico della società, Franca Soncini, e il figlio Claudio Bacchi, socio di maggioranza, entrambi difesi dall’avvocato Roberto Sutich.
False relazioni
Tra i destinatari dell’avviso di garanzia anche cinque tecnici dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale ed energia dell’Emilia-Romagna (Arpae): sono accusati di aver falsificato le loro relazioni per nascondere l’inquinamento e soprattutto sostenere che lo sforamento dei parametri di ferro e arsenico era determinati dalle caratteristiche geochimiche del terreno. Si tratta di personale che opera nella sede di Novellara: il responsabile del servizio, un 65enne di Correggio; un 61enne reggiano residente a San Prospero di Modena; un 58enne di Correggio; una 66enne di Gualtieri e un 34enne di Parma. Infine, sono coinvolti anche due professionisti: un guastallese 66enne incaricato dalla Dugara di redigere atti da presentare al Comune di Brescello per l’urbanizzazione dell’area, e un cadelboschese 77enne incaricato dalla stessa società di predisporre un piano di monitoraggio delle acque sotterranee per determinare la presenza di ferro e arsenico. L’inchiesta è stata condotta congiuntamente dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Reggio Emilia, diretto dal tenente colonnello Maurizio Pallante, e dai carabinieri forestali del Nipaaf (Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale).
Le accuse
L’indagine, coordinata dalla Procura diretta da Calogero Gaetano Paci, ha portato ieri alla perquisizione delle sedi di due società, oltre che degli studi professionali e di tutti gli ambienti frequentati dai nove indagati, dove gli inquirenti ritenevano di poter trovare materiale informatico e cartaceo interessante. Le indagini preliminari vertono su una serie di condotte illecite in materia ambientale e di falso ideologico. Si contesta la realizzazione e gestione di una discarica non autorizzata di ingente quantità di rifiuti non pericolosi, costituiti da scorie non trattate e scorie di fusione. Si ipotizza l’inquinamento ambientale, consistente nella compromissione e nel deterioramento delle acque sotterranee dell’area, con superamento dei valori limite per ferro e arsenico. Infine, si indaga per falso ideologico in atti pubblici i dipendenti di Arpae che avrebbero attestato il falso nei rapporti conclusivi di controllo. L’area Dugara è stata al centro di un intervento di urbanizzazione in vista della realizzazione del polo logistico (che per ora è stato stoppato dal Comune, ma c’è un contenzioso in atto). Il professionista guastallese è indagato perché ha presentato al Comune di Brescello due atti nei quali avrebbe asseverato come conformi le opere previste dal progetto urbanistico, certificando il completamento degli interventi di recupero e delle urbanizzazioni che, per gli inquirenti, non sarebbero mai stati realizzati. Una porzione dell’area era stata al centro di un’indagine del Corpo Forestale nel 2009. Anche allora si contestava l’interramento di scarti dell’acciaio. © RIPRODUZIONE RISERVATA
