A scuola “Din don dan” senza il riferimento a Gesù. La Diocesi: «È un cortocircuito»
La Chiesa sul caso della primaria: «Una scuola intitolata a San Giovanni Bosco, il santo educatore per eccellenza, non può rinnegare ciò che ne ispira il nome e la missione»
Reggio Emilia «Siamo dispiaciuti e addolorati se questa è la strada imboccata dalla scuola pubblica del nostro Paese». La scelta di rimuovere ogni riferimento a Gesù dalla versione scolastica di “Din don dan” (traduzione italiana di “Jingle Bells”) adottata in una classe delle elementari “San Giovanni Bosco” ha generato sorpresa e dispiacere negli ambienti ecclesiali reggiani. Dalla Diocesi affermano che si tratta di un «cortocircuito», poiché «una scuola intitolata a San Giovanni Bosco, il santo educatore per eccellenza, non può rinnegare ciò che ne ispira il nome e la missione». Dalla Diocesi richiamano anche quanto espresso dal vescovo Giacomo Morandi nell’omelia per San Prospero, che concentrò alcuni passaggi proprio sulla scuola e sul concetto di “decolonizzazione” sollevato fra le polemiche dall’assessora Marwa Mahmoud. «L’identità non è un ostacolo al dialogo, al contrario ne è la premessa indispensabile», aveva detto il vescovo. Una prospettiva che invitava a non confondere l’inclusione con l’appiattimento, né l’accoglienza con la rinuncia ai propri simboli. «La tradizione cristiana di Reggio – proseguiva Morandi – non può essere impoverita; va custodita con una certa e sana gelosia». Nella canzone, i versi “Il buon Gesù” sono stati sostituiti da frasi più generiche per rendere il canto “adatto a tutti”.
E la Lega ha subito innescato la polemica, portando il caso all’attenzione anche dei ministri Valditara e del vicepremier Salvini. Il comunicato della Diocesi cita Papa Leone XIV, che nella Lettera Apostolica Disegnare nuove mappe di speranza ricorda come «la storia dell’educazione cattolica sia storia dello Spirito all’opera» e come i carismi educativi non siano strumenti di chiusura, ma «risposte originali ai bisogni di ogni epoca». La preside della scuola, nei giorni scorsi, aveva difeso la scelta, parlando di libertà d’insegnamento. Ma la Diocesi rincara: «Il Presepio, come la Croce che si vorrebbe espellere dalle scuole, indica il supremo sacrificio di Cristo, che è nato, morto e risorto per i peccati di ogni uomo ed è il richiamo al riscatto dell’umanità da parte del suo Creatore. Peraltro, a livello giuridico, i giudici italiani ed europei hanno sancito che i segni cristiani non sono da considerare discriminatori e che in quanto simboli “passivi” essi non limitano la libertà di insegnamento o di coscienza». © RIPRODUZIONE RISERVATA
