Cardiologia, Guastalla e Montecchio al top: ai primi posti per la bassa mortalità dopo l’infarto
Lo dicono i risultati del Piano nazionale esiti di Agenas: per la Chirurgia Oncologica Reggio Emilia al primo posto
Reggio Emilia La pagella è buona, anzi ottima. Anche nelle materie in cui non te l’aspetti. Sono stati resi pubblici in questi giorni i risultati del Piano nazionale esiti di Agenas, l’istituzione governativa che monitora, specialità per specialità, lo stato di salute del nostro sistema sanitario. E i risultati per la sanità reggiana sono ancora una volta positivi anche se, nel quadro della sanità regionale, non mancano le sorprese.
Sorprese e conferme
In particolare, tra le sorprese, spiccano due ospedali che nessuno s’aspetta, come Fidenza, nel Parmense, e Bentivoglio, in provincia di Bologna. Sono i due ospedali dell’Emilia-Romagna inserite da Agenas nell’elenco delle 15 strutture con livello alto o molto alto nell’ultimo rapporto del Pne, il Programma nazionale esiti. L’ospedale di Fidenza risulta valutato per 7 aree su 8, mentre quello di Bentivoglio per 6 su 8. Invero, uno degli appunti che tanti addetti ai lavori fanno su queste graduatorie fatte da Agenas è quello ricorrente che equivale a mescolare... le mele con le pere, ovvero a mettere sullo stesso piano numeri diversi e, soprattutto, casistiche diverse. Perché è evidente che dove è alta la complessità è per forza più alto anche il rischio. E la forza della sanità reggiana è stata ed è, in questi anni, legata alla capacità di gestire complessità riducendo al minimo gli errori.
Reggio al top
E questo accade, ad esempio, per la Chirurgia Oncologica, dove l’Ausl-Irccs di Reggio nelle valutazioni di Agenas risulta al primo posto, al pari del Morgagni-Pierantoni di Forlì e dell’Azienda ospedaliera universitaria di Parma, con 7 indicatori su 7. Un altro ambito in cui il Santa Maria Nuova di Reggio raggiunge l’eccellenza è quello del comparto “gravidanze e parto”, dove peraltro deve vedere la luce il Mire (la struttura che ospiterà tutte le specialità mediche legate non solo ai parti ma in generale alla salute della mamma e del bambino).
Cardio-avanguardia
Da ultimo ma non per ultimo il risultato raggiunto dall’Ausl-Irccs di Reggio in ambito cardiologico, grazie a due ospedali periferici come l’ospedale di Guastalla e il Franchini di Montecchio. Entrambe le strutture hanno in particolare ottimi numeri alla voce “mortalità dopo 30 giorni dall’infarto acuto del miocardio”. Sia l’Ospedale Civile di Guastalla sia il Franchini hanno infatti numeri bassissimi: Guastalla con il suo 0,73% si colloca sul gradino più alto del podio, ma anche Montecchio non se la cava male finendo nella top ten con una percentuale dell’1,34%. Un dato che conforta l’Ausl di Reggio perché premia il lavora fatto in questi anni. «Già da sei o sette anni – dice Alessandro Navazio, direttore della struttura complessa di cardiologia dell’Ausl – Guastalla è sul podio per questa voce. Del resto, proprio a Reggio è partito per primo il sistema di follow up per i pazienti dimessi dopo l’infarto. È stata proprio la cardiologia del Santa Maria ha istituire la visita entro trenta giorni dall’infarto acuto. E questo ci ha permesso di migliorare sensibilmente i dati e soprattutto ci ha consentito di migliorare la qualità della vita delle persone che venivano dimesse dall’ospedale. Risultati talmente importanti, quelli ottenuti al Santa Maria, da spingere la Regione a fare del nostro modello un protocollo da seguire per tutte le strutture della regione». Poi Navazio sottolinea, non senza un moto di legittimo orgoglio che Guastalla ha poi saputo crescere e camminare sulle proprie gambe, se è vero che oggi proprio a Guastalla afferiscono circa 150 infarti l’anno. «Ma la cosa che mi rende ancora più orgoglioso – dice Navazio – è che in questa graduatoria figura quest’anno anche Montecchio che pure non ha al proprio interno un reparto di cardiologia». Un errore? Una svista? Niente di tutto questo, anzi: «Proprio il fatto che figuri il Franchini in questa élite regionale per il basso tasso di mortalità a un mese dall’infarto – sottolinea il primario cardiologo – ci conferma una volta di più che la rete diffusa – formata da una cinquantina di cardiologi in pianta stabile all’Ausl-Irccs a cui si aggiungono un paio di cardiologi convenzionati che svolgono attività ambulatoriale – su tutto il territorio provinciale funziona davvero bene, e lo fa avendo al centro l’ospedale di Reggio che comunque, in quanto a volumi di interventi su questi casi è sul podio, alle spalle soltanto del Maggiore di Bologna o di Baggiovara».l © RIPRODUZIONE RISERVATA
