Gioco d’azzardo: lo smartphone accelera la dipendenza dal gioco
Ancora poche persone chiedono aiuto rispetto alla platea di potenziali malati. Ma esistono app e blocchi che possono inibire l’accesso ai siti di scommesse
Mercante in fiera, bestia, briscola in cinque, il mitico tresette: i giochi con le carte rimangono un passatempo tradizionale del periodo natalizio. A qualcuno piace scommettere qualche euro per rendere più adrenalinica la competizione, ma nulla se paragonato alla piaga del gioco d’azzardo. Un fenomeno che, stando all’analisi diffusa da GiocoResponsabile, vede attualmente tra le 13mila e le 15mila persone in cura ma si stima che gli italiani affetti da Disturbo da Gioco d’Azzardo (DGA) siano oltre 1,3 milioni, con una zona grigia di quasi 2 milioni di giocatori “problematici” a rischio scivolamento. Meno dell’1% di chi ha un problema chiede ufficialmente aiuto. La maggior parte vive la propria dipendenza nell’ombra, spesso per anni, prima che le conseguenze economiche diventino insostenibili. Ma il fenomeno è destinato a crescere: le proiezioni per il 2026 non sono infatti ottimistiche. La crisi del costo della vita agisce come un acceleratore: molte persone, schiacciate dall’inflazione, vedono nel gioco non un divertimento, ma un disperato tentativo di “arrotondare” o risolvere problemi finanziari immediati.
È l’illusione della “vincita salvavita” che sta trascinando nel baratro fasce di popolazione insospettabili: casalinghe, pensionati e giovani lavoratori. Se un tempo il ludopatico doveva recarsi fisicamente in un luogo, sottoponendosi allo sguardo altrui, oggi la dipendenza è invisibile e tascabile. Lo smartphone ha rimosso ogni barriera all’ingresso. Sono tre le prestazioni che rendono il cellulare un sistema talvolta diabolico. C’è la velocità: si può scommettere, vincere e perdere tutto nel tempo di una pausa caffè o, peggio, durante il pranzo di Natale con i parenti, senza che nessuno se ne accorga. Si parla poi di “Gamification”: le app di gioco sono disegnate per stimolare gli stessi recettori dopaminici dei social network, rendendo l’assuefazione rapidissima, specialmente tra i più giovani (la fascia 18-25 anni è quella in maggior crescita). Infine non si può tener conto del “Denaro invisibile”: pagando con carte digitali e app, si perde la percezione fisica del denaro che esce. I 100 euro digitali sembrano pesare meno di una banconota reale, ma il debito che creano è lo stesso. Ma a fronte dei rischi esiste anche la possibilità di difendersi quando la forza di volontà da sola non basta. Oggi, oltre aa centri fisici a cui chiedere aiuto (in Emilia sono attivi a Bologna, Reggio Emilia e Forlì) esistono anche il Rua (Registro Unico delle Autoesclusioni), strumento fondamentale dell’ADM che permette di “bannarsi” da tutti i siti di gioco legali con un click tramite Spid; app di blocco ossia software (come Gamban o BetBlocker) che inibiscono l’accesso ai siti di scommesse sui dispositivi; terapia online: piattaforme come Unobravo o Serenis che hanno reso l’accesso allo psicologo immediato e meno “imbarazzante” per chi si vergogna ad entrare in un centro fisico. l © RIPRODUZIONE RISERVATA
