Maria e Imerio sposi in ospedale «Avevamo già fissato la data, ma lui si è sentito male: così abbiamo coronato un sogno d’amore»
Fidanzati da ragazzini, si sono persi di vista per vent’anni, poi il nuovo incontro. Fino alla malattia e la decisione di sposarsi: «Non volevamo più aspettare. Perciò abbiamo chiesto se potevamo sposarci al Santa Maria Nuova»
Reggio Emilia «Ci siamo sposati per motivi economici e per avere più tutele, in primis i diritti sulla casa, ma al contempo per chiudere il cerchio dei tanti anni passati insieme: la nostra è una favola». Maria Mancin, 60 anni, e Imerio Rocchi, 64 anni, si sono sposati poco prima di Natale in ospedale a Reggio. La loro storia d’amore è iniziata da ragazzini. «Io avevo 17 anni, lui 19: siamo stati insieme dieci anni. Poi la vita ci ha separato: ci siamo lasciati e persi di vista, pur vivendo nello stesso paese». La “pausa” è durata vent’anni. «Nel frattempo lui si è sposato, mentre io non no – prosegue Maria – Imerio non è stato fortunato con il matrimonio: non è durato molto, ha divorziato e, senza figli, è andato a vivere da solo in un appartamento di Campegine». I due si sono rivisti per caso nel 2011. «Ci siamo rimessi insieme e da allora non ci siamo più lasciati. Abbiamo abitato per un po’ a Campegine, vicino a mia madre malata ricoverata in una casa protetta, poi siccome anche lui doveva prendersi cura della mamma vedova ci siamo trasferiti, insieme ai nostri adorati cani, a Calerno».
Imerio è sempre stato un biker, un appassionato di moto e ha condiviso questa passione con Maria. «Abbiamo vissuto periodi belli, abbiamo partecipato a tanti raduni con gli amici e fatto dei viaggi. Sono stati anni intensi. Lui dice che abbiamo entrambi due caratteracci, però ha funzionato». Non sono mancate le difficoltà. «Nel 2020, dopo aver lavorato per 43 anni all’Interpump, Imerio è andato in pensione. Poco dopo, in piena epoca Covid, si è sottoposto a uno screening e la diagnosi è stata tumore maligno al colon». Dopo aver completato il ciclo di cure, i dottori hanno rassicurato: è andato tutto bene, il male è in remissione. «Nel 2021, quando si era ripreso completamente, un giorno lui ha detto “faccio un giretto in moto”: un’auto gli ha tagliato la strada e ha avuto un incidente stradale devastante. Si è salvato per miracolo, è rimasto immobile a letto per mesi». Nel 2024 la coppia si è trasferita in un alloggio per famiglie a baso reddito. «Abbiamo traslocato il 28 dicembre dell’anno scorso. Finché, un mese fa, mi sono accorta che lui era cambiato, non aveva più voglia di girare, mostrava dei piccoli sintomi». Altro screening e alta diagnosi importante. «La decisione di sposarsi c’era già prima: eravamo andati in municipio, i documenti erano pronti, avevamo fissato la data (il 22 dicembre in Comune a Sant’Ilario) ma lui si è sentito male prima. Non volevamo più aspettare. Perciò abbiamo chiesto se potevamo sposarci al Santa Maria Nuova». La cerimonia, celebrata dal presidente del consiglio comunale Matteo Iori, è stata semplice e sentita: alla presenza di quattro testimoni Imerio ha indossato un inusuale kilt scozzese, di sottofondo una musica con cornamusa. «Lui ha voluto il kilt perché adora la Scozia, dove siamo stati più volte. Di kilt ne ha diversi nell’armadio, glieli cuciva sua madre che era una sarta provetta: per la cerimonia ha scelto il suo preferito, rosso e grigio. Un rito riuscito, infermieri e medici sono venuti ad assistere e ci hanno fatto i complimenti». Saranno festività serene? «Non so se sarò serena. Sono qui da sola in una casa troppo grande, faccio fatica a dormire, mi chiedo se ce la faremo anche stavolta: la sera è il momento peggiore perché la mente continua a lavorare. Però cercheremo di passare delle buone feste. Lui è felice: mi chiama mogliettina. Io invece devo abituarmi a dire mio marito, per una vita ho detto il mio compagno». © RIPRODUZIONE RISERVATA
