Ferrara, cuoca maltrattata e cacciata «per due foglie d’insalata marcia»
La donna decisa a denunciare: «Assunta per 16 ore, ne facevo 36»
Ferrara La concezione padronale del lavoro. C’è chi comanda, e nel farlo non si fa nessuno scrupolo a insultare e offendere, e chi deve eseguire e deve subire. Succede nei campi agricoli, come ben si vede dalle ultime inchieste sull’Agro Pontino dopo la morte del bracciante Satnam Singh. Succede, su scale diverse, anche nelle cucine dei ristoranti, comprese quelle ferraresi.
La vicenda che raccontiamo qui è quella di una donna sulla cinquantina, abile sfoglina e cuoca assunta un locale in città. La chiamiamo Rosa, con un nome di fantasia per rispettarne la desiderata privacy. «Proprio a cavallo di un cambio di lavoro - ci racconta - mi sono fratturata un polso e quando, all’incirca un mese fa, il titolare di un ristorante-pizzeria mi ha offerto un lavoro ho accettato subito, togliendo il gesso prima del dovuto. Malgrado i primi due mesi a 16 ore settimanali contro le 36 reali, che sarebbero comparse col successivo contratto, ma avevo bisogno di lavorare e quindi ho accettato».
Il contratto con meno ore di quelle reale è uno dei grandi classici, qui fa da premessa ai soprusi, assurdi e violenti, che l’altro giorno l’anno portata a chiamare la polizia, impaurita. «Seguivo le indicazioni del capo cuoco, mio diretto superiore - racconta ancora Rosa -, ma così sono andata in antipatia al pizzaiolo, che è parente del titolare e che mi ha presa di mira. Mi diceva che non ero intelligente, che doveva ripetermi trenta volte le stesse cose, sbuffava sempre, non andava mai bene niente, mi faceva battute sessiste, ha detto che ora che c’era una donna in cucina avrei fatto impazzire i ragazzi, una volta che ho appena allentato un bottone della divisa da lavoro, mi ha detto che avevo il seno di fuori».
Poi l’assurdità, la settimana scorsa. «Frugando nella pattumiera ha trovato un picciolo di pomodoro, che usualmente si elimina, ma per lui è stato l’ennesimo spunto per urlarmi addosso i suoi deliri sulla mia intelligenza e sulla fame del mondo. Per evitare un'altra scenata, i resti dell'insalata li ho messi in tasca per buttarli successivamente nel bidone sul retro, ma mi controllava con la telecamera e in men che non si dica lui e il fratello mi hanno circondata, aggredendomi e urlando di vergognarmi e di andare via subito. Per due foglie di insalata marcia, da buttare».
Tornata nello spogliatoio per cambiarsi, la signora Rosa era così impaurita che ha chiamato la polizia, intervenuta con due pattuglie. «Gli agenti sono stati carinissimi, mi hanno calmata. Ho provato a chiedere la scheda dei miei orari, visto che il contratto era di 16 ore ma ne avevo lavorato 36, e davanti alla polizia hanno detto di averla smarrita quando l'avevo firmata solo due ore prima». Questo sarà materia da trattare in un’altra sede, probabilmente: «Non dormo da tre giorni per il nervoso, andrò da un sindacato, voglio fare una denuncia. È stata una cosa bruttissima».
Rosa parla con l’esperienza di chi conosce quel mondo, ma ha visto travalicato ogni limite che già era stato spostato in là: «Nel mondo della ristorazione è tutto così - dice la cuoca -. Quando ero giovane non si sentiva nulla, ma ora sì. Si lamentano che non trovano personale, ma non raccontano cosa è il lavoro in cucina. Emotivamente ti uccide».
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