Gazzetta di Reggio

Sanità

Perché i medici hanno scioperato a Reggio Emilia: «Il ruolo unico distruggerà la medicina di famiglia»

Serena Arbizzi
Perché i medici hanno scioperato a Reggio Emilia: «Il ruolo unico distruggerà la medicina di famiglia»

Con lo Snami hanno inscenato il “funerale del Servizio sanitario nazionale” davanti alla sede dell’Ausl: contestano il nuovo ruolo unico che unifica guardia medica e medici di famiglia e denunciano carichi di lavoro insostenibili

4 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia «No al ruolo unico». È andato in scena ieri mattina, davanti alla sede dell’Ausl di via Amendola, il funerale del Servizio Sanitario Nazionale. Il gesto dimostrativo è avvenuto durante lo sciopero, proclamato dallo Snami, il sindacato nazionale autonomo dei medici italiani, che si schiera contro il “ruolo unico”. Contro, ovvero, l’organizzazione della medicina territoriale che prevede, secondo l’accordo nazionale del 2024, l’unificazione del ruolo del medico di famiglia e quello della guardia medica in un’unica figura. Un’ottantina i medici che hanno partecipato alla mobilitazione.

Le ragioni della proposta

«Scioperiamo perché è necessario difendere il Sistema sanitario nazionale e la medicina generale – spiega Samanta Papadia, presidente dello Snami di Reggio Emilia –. A Reggio Emiia sono state pubblicate ben 293 zone carenti e vi sono state solo cinque assegnazioni in provincia. Diciamo no al ruolo unico, misura che obbliga a “coprire” non solo i pazienti ma anche le quote orarie, notturni e festivi, con presidi della continuità assistenziale e anche del Cau. È necessario far comprendere come noi lavoriamo già oltre misura. Ben oltre le 38 ore, il contingente minimo. Chiediamo ritmi di lavoro sostenibili per proseguire la nostra professione che amiamo, ma per cui ci troviamo in fatica e grossa difficoltà. Tanti colleghi non scelgono più questa professione o l’hanno lasciata e la prospettiva sarà sempre peggiore se non mettiamo un freno a questa deriva». Papadia puntualizza che lo «Snami ha siglato a Roma il ruolo unico, ma, di fatto, è stata una firma tecnica che consente la partecipazione ai lavori regionali e locali per mettere correttivi. In questo caso la correzione non è possibile sull’Emilia Romagna. Noi diciamo che occorre scindere questi due aspetti della medicina generale. Possiamo collaborare, ma si deve trattare di una collaborazione volontaria, basata sulla nostra disponibilità». Maddalena Marzocchi evidenzia quanto sia fastidioso sentirsi dire «che lavoro solo quattro ore», mentre «io torno alle 21 quand’ero uscita alle 7.40, perché svolgiamo anche tante attività che esulano dall’ambulatorio, ma ci permettono di essere efficaci, soprattutto per i pazienti cronici e terminali. La proposta del ruolo unico non è un miglioramento».

Problema liste d’attesa

Omar Caiti indica come «le parole d’ordine sono sempre le stesse, con il susseguirsi dei direttori generali. Risolveremo il problema e così via, ma, in realtà, i problemi rimangono sul tavolo. Le liste d’attesa sono tra i primi problemi per cui i cittadini chiedono soluzioni. Abbiamo concesso l’urgenza breve a chi era in lista di attesa per troppo tempo. Abbiamo aumentato la richiesta di urgenze brevi, ormai è routine. Rimaniamo sul campo per salvare la medicina generale». Francesca Moggi aggiunge i danni del ruolo unico: «Se verrà applicato devasterà completamente la medicina generale. Sono qui per difendere i miei pazienti e miei colleghi da un futuro in cui verrà meno il rapporto fiduciario». Enrico Cocconcelli, medico di medicina generale da 10 anni, con otto anni di guardia medica alle spalle in precedenza, annota «il declino del sistema sanitario pubblico, con la chiusura di liste, pazienti che non trovano posto in ospedale... La legge del ruolo unico non fa che peggiorare il cambiamento in corso. Lavoriamo oltre 10 ore al giorno, con burocrazia in aumento, non capiamo come possiamo lavorare di notte e poi subito il giorno dopo. La legge è confusa, inoltre». Elena Righi, specialista, al terzo anno di diploma, è mamma: «Pensavo di lavorare meno, mi sbagliavo di grosso. Sto lavorando di più, dedicando il mio tempo, spesso, a cose che potrebbero essere gestite in modo diverso. Con l’introduzione del ruolo unico non mi tutela nessuno». Daniele Rossi, vice presidente di Snami, rimarca che il manichino che raffigura il Ssn morente «è l’immagine che stiamo vedendo in tutti gli ambulatori». Papadia conclude il presidio, rimarcando che «i Cau sono l’illusione di una sanità fast food, on demand. Ma non risolvono i problemi che risolviamo noi, che tappiamo anche dei buchi. Amiamo il nostro lavoro, ma ci mangia tempo, testa e sonno. Quando il medico si brucia, perde il sistema e il Servizio sanitario nazionale. Non potete chiederci più ore e al tempo stesso non garantire tutele – conclude Papadia –. Non vogliamo un Ssn da rianimare ogni mattina. Noi teniamo in vita il pubblico: se sarà necessario sciopereremo a oltranza». l © RIPRODUZIONE RISERVATA