Gazzetta di Reggio

Il lutto

Addio Adalberto Bianchi, il padre dei cinema di Reggio Emilia

Ambra Prati
Addio Adalberto Bianchi, il padre dei cinema di Reggio Emilia

Era il proprietario di tutte le sale del centro storico: l’Alexander di fronte alla chiesa di San Pietro, il D’Alberto di fronte al mercato coperto, l’Ambra all’isolato San Rocco e Al Corso

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Reggio Emilia C’era una volta il cinema in centro storico, dove tutti i reggiani sciamavano, magari la domenica pomeriggio, per vedere un film sul grande schermo. Una parte importante di questa storia era Adalberto Bianchi, scomparso a 94 anni, venerdì scorso nella sua abitazione di via Emilia San Pietro, dove ha sempre vissuto. «Lascia un vuoto profondo nel panorama culturale reggiano. Con lui se ne va non solo un grande uomo di cinema, ma anche un capitolo significativo della memoria della città», dice la nipote Laura Gualtieri.

Bianchi era il proprietario di tutte le sale dell’esagono: l’Alexander di fronte alla chiesa di San Pietro, il D’Alberto di fronte al mercato coperto, l’Ambra all’isolato San Rocco e Al Corso in via Garibaldi, tuttora aperto. La passione per il grande schermo nella famiglia Bianchi è iniziata nei primi decenni del Novecento con il padre Alberto, un pioniere dell’arte dei Lumière che, dopo essere stato in Francia, aprì cinema in tutta Italia. L’avventura imprenditoriale è proseguita per oltre un secolo grazie al dinamismo di Adalberto, che ha saputo accompagnare e interpretare le trasformazioni del settore come pochi altri. Seguendo le orme del padre, Adalberto ha dedicato tutta la sua vita al mondo del cinema, attraversando con intelligenza e lungimiranza i cambiamenti profondi che il settore ha vissuto tra gli anni Sessanta e il Duemila. Gestore visionario, ha rinnovato radicalmente le sale cittadine, trasformandole in spazi moderni e accoglienti: luoghi che spiccavano anche per il gusto dell’arredamento all’avanguardia, come l’originale ingresso del Corso che inaugurò nel 1976, luoghi calorosi dove persone aprivano la porta, staccavano il biglietto e accompagnavano in sala.


Un mondo spazzato via dal modello della multisala nei centri commerciali, che è diventato ben presto dominante e che ha rappresentato una concorrenza insostenibile. A poco a poco, a partire dal Duemila, i cinema della dinastia Bianchi hanno abbassato la serranda: nel 2005 le due sale dell’Alexander, nel 2006 il D’Alberto, nel 2007 l’Ambra, mentre Al Corso – che è stato il primo a chiudere nel 2000 – è risorto dopo la ristrutturazione nel 2008 ed è rimasta l’unica sala cittadina. «Nonostante la crisi, la sua passione per il mondo del cinema non è stata scalfita – prosegue la nipote – Con determinazione e amore per il mestiere guidava ancora il cinema Al Corso, che oggi rappresenta uno degli spazi più amati e un punto di riferimento per gli appassionati». Come aveva vissuto questo stravolgimento, che ha coinciso con l’inizio del degrado del centro? «Con dispiacere, certo, ma lui era una persona positiva e un imprenditore pragmatico: ha preso atto di come i tempi fossero cambiati. Tuttavia non si perdeva mai i registi ospiti a Reggio». Di carattere «aperto ed estroverso, culturalmente ricco, era un fervido lettore di notizie: tutti i principali quotidiani, le riviste di cinema e i principali festival. Amava l’arte: i murales di Franco Reggiani (che oggi decorano il Tigotà all’interno del D’Alberto, ndr) sono stati una sua volontà». Presenza familiare nel centro storico, spesso lo si vedeva passare in bicicletta, pronto a salutare conoscenti e a scambiare qualche parola sulle ultime uscite cinematografiche o sulle notizie del giorno. Il funerale si terrà in forma privata.  

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