Il prefetto saluta Reggio Emilia: «È più bella di quanto si pensi»
Maria Rita Cocciufa andrà in pensione e tornerà a vivere nella sua Siracusa: il bilancio di due anni «davvero intensi»
Reggio Emilia «Quelli trascorsi a Reggio sono stati anni intensi. Appena arrivata, nel maggio 2023, ci fu l’omicidio sul binario della stazione: questo è stato l’inizio. Tuttavia mi sono sempre sentita accolta. Reggio è più bella di quello che si pensi: mi riferisco a tutta la provincia. Forse deve imparare a presentarsi meglio». Il prefetto Maria Rita Cocciufa si appresta a salutare la città: dopo due anni e mezzo, il 31 dicembre andrà in pensione, terminando una lunga carriera. Uno dei cambi al vertice che caratterizzano questo fine d’anno.
Come ha trovato Reggio al suo arrivo e come la lascia?
«Ho trovato la città che mi aspettavo: bella, civile, ordinata, molto curata, con qualche criticità come la zona stazione. Conoscevo già Reggio per l’inaugurazione dell’Arena. Credo che alcuni aspetti siano migliorati: il miglioramento della città viene sempre più percepito come responsabilità di tutti, in primis dell’amministrazione, ma anche i cittadini sono partecipi. A volte leggo che la città è scaduta: io non lo vedo, tra l’altro Reggio è cresciuta come città nelle graduatori di vivibilità».
Forse ci si riferisce all’aspetto sociale?
«La stazione continua a essere in vetta all’attenzione (tra esercito, zona rossa e interventi di prevenzione), qui in Prefettura ho presieduto decine di tavoli dedicati (formati da forze dell’ordine, Comune, Ausl) per fare il punto periodico anche con nomi e cognomi delle persone problematiche. Sembra che ci sia un calo dei reati, il che non significa che abbiamo risolto il problema. L’unica soluzione possibile, non esaustiva, è avere sempre un focus su questa zona».
Una caratteristica dei reggiani che l’ha colpita?
«È una comunità molto accogliente, con grande gentilezza ed educazione, un senso civico non comune. Quello che mi stupisce sempre è l’amore per il bene comune, qui veramente sentito. Queste tipicità, altrove non scontate, aiutano ad affrontare i problemi e ad essere costruttivi di fronte a una microcriminalità spicciola che nasce dal disagio sociale e dal consumo di droga».
Lotta alla criminalità organizzata: a che punto siamo? Calma apparente?
«Le organizzazioni criminali, in primis la ’ndrangheta, hanno tutto l’interesse a non fare rumore, ma la realtà economica locale resta molto attrattiva. Emerge indirettamente dalle indagini sulle fatture false. Sarebbe necessario uno sforzo maggiore da parte delle associazioni di categoria, sindacali, ordini professionali. Le interdittive sono state 66. È aumentato in modo significativo il contenzioso: quest’anno i ricorsi al Tar almeno la metà».
Il punto sul gruppo di monitoraggio sulla violenza genere, con sede in prefettura?
«Esisteva già il tavolo comunale. Alcuni mesi fa d’intesa con l’assessore Annalisa Rabitti abbiamo convocato un gruppo di monitoraggio più ristretto (forze dell’ordine, Comune, autorità giudiziaria, Ausl), senza le associazioni, e abbiamo messo a fuoco delle linee guida per migliore il rapporto soprattutto tra Pronto Soccorso e Procura: vedremo se funzionerà un sistema più fluido di comunicazione. Di certo sono aumentate le denunce».
Sul fronte lavoro?
«Rinnovato il badge di cantiere, ho avviato un sistema generale di controlli, non antimafia bensì a tappeto, su chi si aggiudica grossi appalti, oltre i 500mila euro: finora non sono emerse situazioni particolari di criticità. Non nascondo che l’impiego di lavoro nero è di certo presente, anche nell’agricoltura; se avessimo le forze in campo ce ne sarebbe da fare».
Un progetto che le è stato particolarmente a cuore? E un altro che non è riuscita a terminare?
«Avevo un’idea: riuscire ad andare in tutti i 41 Comuni: e l’ho fatto con le visite alle Unioni, molto partecipate. La prefettura itinerante è stata molto utile: conosci meglio il territorio, senti gli umori, parli di persona. Uscire dal palazzo serve: dobbiamo essere vicini alla cittadinanza. Mi ha dato tante soddisfazioni e penso sia stato apprezzato. Sul versante dell’antimafia qualcosa in più si potrebbe fare ma è un percorso complicato, servono competenze specifiche».
Come vede la Reggio dei prossimi anni?
«Vedo prospettive positive. Dovrebbe essere valorizzata la struttura dell’Arena, che finora non ha espresso appieno le sue potenzialità; poi investire sulla cultura e sull’Università, come al Tecnopolo. E se posso dire andrebbe meglio presentata questa città dal punto di vista turistico: non è seconda a nessuno, certi borghi (Castellarano, Guastalla, Scandiano) sono molto interessanti e si prestano ad un turismo non di massa ma di nicchia sì, lontano da monumenti superaffollati come la fontana di Trevi. Una settimana in Appennino può rigenerare. Conoscevo Reggio per il Primo Tricolore e i ponti di Calatrava ma la provincia, con la sua tradizione culinaria, è tutta da scoprire».
Un saluto ai reggiani?
«Qui se lavori vieni apprezzato, senza bisogno d’altro. Ribadisco che servire questa comunità è stato un onore e una grande soddisfazione».
Cosa l’aspetta nella seconda vita?
«È la domanda più difficile. Finora ho solo lavorato, un lavoro che non lascia molto spazio ad altro. Per fortuna ho una famiglia, cui mi dedicherò di più, poi mi prenderò del tempo per le passioni trascurate (teatro, cinema, lettura); e magari spero di rendermi utile per la mia città, Siracusa. Potrei tornare al vecchio amore, ovvero andare nelle scuole a parlare di legalità, portando la mia esperienza e il mio esempio: i ragazzi vedono soprattutto l’esempio». l© RIPRODUZIONE RISERVATA
