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UN GRANDE EX DI TURNO

Basile: «A Reggio devo tutto Lombardi mi ha inventato play»

Basile: «A Reggio devo tutto Lombardi mi ha inventato play»

REGGIO. La Pallacanestro Reggiana è la squadra in cui Gianluca Basile è cresciuto, dopo i primi passi a Ruvo di Puglia, ed è esploso. In Serie A ha giocato tre campionati e mezzo a Reggio Emilia. Nel...

27 ottobre 2012
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REGGIO. La Pallacanestro Reggiana è la squadra in cui Gianluca Basile è cresciuto, dopo i primi passi a Ruvo di Puglia, ed è esploso. In Serie A ha giocato tre campionati e mezzo a Reggio Emilia. Nel 1997/98 con 4.3 rimbalzi di media stabilì il record personale mai più ritoccato. Memorabile la vittoria in gara 5 contro Treviso.

Basile, quella vittoria in gara 5 fu la più sorprendente della sua carriera?

«Ricordo che dovevo sposarmi e chiesi con grande anticipo alla società se potesse essere un problema fissare per il 5 maggio. Erano in programma le semifinali dei play off: nessuno pensava potessimo essere di scena, così mi dissero di sì. Invece ci qualificammo: fortuna che il calendario era tale che riuscii a sposarmi senza cambiare la data. Tra gara 1 e gara 2, andai a Ruvo di Puglia, mi sposai e tornai. Fu incredibile. Giocai 40 minuti a Treviso: ma onestamente non si dire se sia stata la prima volta che l’ho fatto o se sia stata l’ultima. Sì, non c’è stata una partita più sorprendente di quella: a quei tempi c’erano anche gli ottavi di finale ed eliminammo Milano, poi toccò a Treviso nei quarti».

Eravate anche senza Mike Mitchell.

«Grande campione. Era infortunato, non giocò gara 4 a Reggio Emilia, che vincemmo. Lui voleva giocare a tutti i costi gara 5 anche prendendosi dei rischi, ma avevamo vinto gara 4 e in qualche modo si pensò di provare a ripetersi nella successiva. Successe davvero».

Poi incontraste la Fortitudo.

«Andammo molto vicini a vincere gara 3 ma quella era una Fortitudo straordinaria con David Rivers, Dominique Wilkins e Carlton Myers. Un’armata invincibile anche se poi successe in finale contro la Virtus quello che sappiamo, ovvero la sconfitta in gara 5 al supplementare dopo il canestro da quattro punti di Danilovic. Avevamo una squadra corta, c’era Chris Jent, c’era Marcelo Damiao, Alessandro Davolio, Diego Pastori. Se penso che Pastori adesso ha 50 anni e io gioco con Alessandro Gentile che ne ha 20, mi rendo conto che la mia carriera ha abbracciato trent’anni generazionali. Anche questo fa pensare».

Fu la stagione della consacrazione?

«Sì: la svolta se la inventò Dado Lombardi quando mi spostò da guardia in playmaker. Per i primi quattro-cinque anni della mia carriera ho giocato da playmaker. Fu così anche in Nazionale quando vincemmo gli Europei del 1999, anche perché a Tanjevic piacevano i registi alti tanto che anche Andrea Meneghin ebbe quel ruolo, e fu così quando andai alla Fortitudo anche perché come guardia c’era Myers e se non fossi stato in grado di fare il playmaker non avrei giocato. Penso di avercela fatta perché avevo energia, gioventù e tanta voglia di giocare».

E’ ancora legato a Reggio Emilia?

«Sì, dopo qualche anno portai mia sorella a Reggio: si presentò una possibilità e cominciò a lavorare. Adesso è ancora lì. Sono stati anni importantissimi. Io ero a Ruvo di Puglia, non mi conosceva nessuno ma un amico mi segnalò a Virginio Bernardi che allenava lì. Ottenni un provino. Andò bene e mi presero».

E faceva il servizio militare a Firenze…

«Tre mesi a Chieti, poi mi trasferirono a Firenze quando ancora non sapevo se sarei andato a Reggio Emilia. Feci il pendolare Firenze-Reggio tutti i giorni: qualche volta facevo il turno della mattina, mangiavo, prendevo il treno, cambiavo a Bologna, arrivavo, mi allenavo e ripartivo indietro per la caserma. Qualche volta facevo il turno di notte e al rientro a Firenze invece di dormire, mi toccava lavorare. Sacrifici enormi, una fatica incredibile. Oggi però posso dire che sono stato ripagato. E con gli interessi».