Gazzetta di Reggio

Sport

Ferrari, ora gli alibi sono finiti

di Andrea Gabbi
Ferrari, ora gli alibi sono finiti

Dopo le dimissioni di Domenicali, le Rosse provano a recuperare ma senza troppe speranze

17 aprile 2014
3 MINUTI DI LETTURA





La Cina non è vicina. La Ferrari proverà a cambiare passo là dove il mercato automobilistico è in espansione e tutti sognano una Rossa nel garage. Non è un caso che proprio a ridosso del Gp di Shangai sia arrivato l’addio di Stefano Domenicali. Dopo anni di delusioni la Ferrari ha bisogno di una svolta, anche per tenere alto il nome di un marchio che ormai da troppi anni è lontano dai vertici della Formula 1. L’arrivo di Marco Mattiacci non può però risolvere i guai di una scuderia che, conti alla mano, ha sbagliato per l’ennesima volta il prodotto da mettere a disposizione dei piloti.

Una storia italiana. Ha deciso di svuotare l’armadietto senza fare rumore, con la solita educazione che tutti (anche i più feroci oppositori) gli hanno sempre riconosciuto. Domenicali si è dimesso in punta di piedi e ora l’interrogativo più in voga nel Circus è uno ed unico: quali responsabilità ha Domenicali nei passaggi a vuoto delle ultime stagioni? Molte, ma nemmeno troppe. È diventato manager di una scuderia, la sua scuderia, dopo l’addio di due mostri sacri come Jean Todt e Ross Brawn. Ha lavorato sodo, è riuscito a tenere a bada i mal di pancia di “peperini” come Felipe Massa, Fernando Alonso, Kimi Raikkonen. Non ha però fatto breccia nel suo team.

La polvere sotto il divano. Attenzione però. Domenicali in questi mesi complicati si è posto davanti a tutti, scudo di un team sempre sull’orlo di una crisi di nervi e soprattutto alle prese con una vettura inferiore alle attese. In Ferrari, è bene ricordarlo, non è Domenicali a curare lo sviluppo del mezzo, ma i progettisti che fanno capo a Pat Fry. Un autentico guru nel Circus, ma a Maranello non sta facendo la differenza. Arrivò dopo il saluto di Aldo Costa, che ora se la ride con la sua Mercedes. L’uscita di scena di Domenicali quindi è una sorta di spolverata e nulla più. La monoposto difficilmente riuscirà a competere per il titolo.

Gente che va, gente che viene. La mossa di affidare la gestione della scuderia modenese a Mattiacci è particolare. Arriva in Formula 1 un manager che fino a poche settimane fa era impegnato nel mercato automobilistico americano. Sarà un caso, ma pochi giorni prima delle dimissioni di Domenicali c’è stato un incontro tra Montezemolo e Sergio Marchionne, amministratore della Fiat e uomo dello sbarco negli States. Il messaggio è chiaro: provare a rilanciare il brand con un uomo che conosce a menadito il mercato internazionale.

Il Mondiale non cambia. In mezzo a tutto questo “caos calmo” c’è sempre una Mercedes imprendibile, una Red Bull bacchettata e poco concreta, una McLaren alla ricerca di se stessa. Red Bull che tra l’altro oltre a non ingranare la marcia è anche alle prese con un sistema che sembra avergli voltato le spalle (emblematico il ricorso fallito per il mancato secondo posto di Daniel Ricciardo in Australia). Lewis Hamilton dal canto suo ha una grandissima occasione: quella di conquistare il secondo titolo mondiale in carriera senza soffrire troppo. Basterà regolare la resistenza del compagno di squadra Nico Rosberg, determinato ma inferiore per tecnica e costanza rispetto all’inglese. Anche in Cina si prospetta una bagarre tutta in casa Mercedes. Gli altri muti, tristi, lontani.

©RIPRODUZIONE RISERVATA