«Di sicuro la Reggiana saprà rialzare la testa»
Il cantautore Enrico Ruggeri a Reggio martedì per un concerto al teatro Ariosto «Con la Nazionale cantanti inaugurai il Giglio, qui c’è grande cultura calcistica»
REGGIO. Dopo quattro anni, Enrico Ruggeri torna a Reggio con un concerto intitolato “Frankenstein 2.0”.
Il tour del cantautore italiano arriva al Teatro Ariosto martedì 22 aprile (ore 21) per un live a favore di Grade Onlus, il Gruppo Amici dell'Ematologia impegnato nella raccolta fondi per sostenere il Reparto di Ematologia dell'ospedale Santa Maria Nuova e la costruzione del Core.
«Mi ricordo di aver giocato al Mirabello con la nazionale cantanti e anche di aver inaugurato il Giglio. Una città che ha cultura calcistica».
Quest’anno la partita del cuore si giocherà a Firenze, si sente in forma?
«Gioco a pallone ogni settimana, quindi diciamo che farò la mia onesta figura».
La Reggiana è come la sua Inter: vive nella sofferenza.
«Noi dell’Inter dobbiamo tenere ben vivo il ricordo di quel 2010 irripetibile col triplete, come per i tifosi granata la salvezza in serie A il primo maggio 1994 è storia».
Una Reggiana che latita in terza serie.
«Nel calcio ci sono i cicli. Ora è il momento del Sassuolo ma sono certo che anche la Reggiana saprà rialzare la testa».
Un calcio che piace sempre meno e che spinge a rimanere fuori dallo stadio. A Reggio gli ultrà sono in sciopero a oltranza.
«Le polemiche ci sono sempre state ma il vero problema è che questo mondo di procuratori e presidente hanno, di fatto, tolto la pesia che accompagnava il pallone. Il mercato oggi è business e basta. Un tempo, quando io ero bambino, era impensabile che Mazzola potesse passare al Milan e Rivera all’Inter. Oggi può succedere di tutto. Non ci sono più le bandiere, gli uomini simbolo a cui i ragazzini, giocando le partitelle, si identificano. Noi non sapevamo quanto guadagnava un calciatore, tanto meno ci importava perché per noi Mazzola era un modello e basta».
Il capitano granata Beppe Alessi ha firmato un contratto con la Reggiana per cinque anni.
«E’ una mosca bianca e mi fa piacere, significa che ha privilegiato l’attaccamento alla maglia, l’identità nei confronti di una squadra».
Oggi calciatore è sinonimo di soldi e belle donne.
«Ai ragazzini affidiamo questi messaggi, mentre in realtà il gioco del calcio è fatto di divertimento, sacrifici e gioco di squadra. Oggi sappiamo tutto dei giocatori e il mercato diventa tema di dibattito. Quando ero bambino io non sapevamo cosa guadagnavano i giocatori».
Per non parlare del problema dei genitori.
«Per loro il calcio rappresenta una rivalsa sociale, non uno strumento di divertimento per i loro figli. I genitori si arrabbiano perché il figlio viene sostituito».
Cosa resta del calcio romantico?
«Qualcosa ancora sopravvive, penso all’Atletico Madrid che con il nostro Simeone tiene testa ai milionari del Real Madrid ed elimina dalla Champions League il Barcellona usando cuore e motivanzioni in uno stadio Calderon che pulsava di passione». (w.m.)