Gazzetta di Reggio

Sport

DAVOLIO E LA CFM DEI MIRACOLI

«Quel giubbotto inguardabile ci portò davvero fortuna»

«Quel giubbotto inguardabile ci portò davvero fortuna»

REGGIO. Nei play off i numeri non contano. Potrebbe essere il motto della Grissin Bon. Negli ultimi sei anni, la Mens Sana non ha mai perso una serie. Facendo due conti: 18 vinte consecutivamente....

19 maggio 2014
4 MINUTI DI LETTURA





REGGIO. Nei play off i numeri non contano. Potrebbe essere il motto della Grissin Bon. Negli ultimi sei anni, la Mens Sana non ha mai perso una serie. Facendo due conti: 18 vinte consecutivamente. Reggio, in A, ha superato solo due turni di play off: nella stessa stagione, con la mitica Cfm di Mitchell, Jent, Basile, Montecchi, Pastori, Damiao, Ragazzi, Davolio. E Dado Lombardi al timone.

Alessandro Davolio, play maker di quello storico team, ripercorre riti, storie, sensazioni: le infinite emozioni che hanno regalato quei giorni.

«Arrivavamo da un anno non facile – racconta il novellarese – ci salvammo solo all'ultima giornata, battendo in casa la Fortitudo (di Myers, Fucka, Wilkins e Rivers) in una gara durissima. Ci qualificammo ai play off per un soffio e non avevamo nulla da perdere».

Al primo turno eliminaste Milano in due gare, vincendo la prima al Forum.

«La serie degli ottavi era al meglio delle due. Siamo andati ad Assago vincendo la prima a sorpresa, chiudendo poi a Reggio. Nessuno se lo aspettava, basti pensare che qualche settimana prima avevamo incontrato Milano in campionato, rimediando una "asfaltata" tremenda: perdemmo di 30. Ma ai play off tutto cambiò».

Nei quarti toccò alla Benetton di Rebraca e Pittis...

«Le premesse erano le stesse. Volevano vincere il campionato, noi avevamo già fatto un mezzo miracolo a battere Milano. Erano loro ad avere tutto da perdere. Fu una serie complicata, fummo sempre sotto. Perdemmo la prima, poi la terza, con Mitchell che si fece male alla spalla. In qualche modo riuscimmo a vincere gara 4 senza Mike, poi andammo a Treviso per gara 5 e qui mi viene in mente un episodio divertente che riguarda Lombardi».

Cosa successe?

«Dado,la persona più superstiziosa che abbia mai conosciuto, vista la vittoria di gara 4 senza Mike decise…di non far giocare Mitchell, il nostro giocatore migliore, in gara 5. Mike non stava bene, ma voleva esserci a tutti i costi ed era pronto a firmare qualsiasi liberatoria pur di scendere in campo, ma non ci fu verso. Alla fine ha avuto ragione il coach».

Ci furono altri episodi simili in quei giorni?

«Dado è sempre stato così. Ricordo che aveva quel giubbotto arancione…una cosa inguardabile, ma niente, credeva portasse bene e anche ad aprile o con 30 gradi lui se lo metteva. E allenava con quello addosso. Comunque, quella serie la portammo a casa soprattutto con la difesa».

Che ricordi ha dei suoi compagni di allora?

«Eravamo tutti uniti, da Montecchi a Pastori, passando per i giovani e gli americani. Erano altri tempi, ormai il basket di alto livello non è più così. Una volta le squadre erano davvero un gruppo, con tanti italiani legati non solo alla squadra, ma alla città e alla società. E i giovani, che spesso venivano dal vivaio, erano ragazzi in cui anche il pubblico si identificava. Anche gli americani avevano un altro comportamento ed erano campioni veri come Mike Mitchell o Chris Jent, ma si battevano e facevano da chioccia per tutto il gruppo. Non conosco bene la realtà di Reggio ora, vivo a Forlì da anni, ma con i suoi giovani forse è una delle poche eccezioni a questa situazione».

La situazione di Siena può favorire Reggio?

«Non credo possa influenzare più di tanto i suoi giocatori. Si giocano gloria e futuro».

Qualcosa in comune tra la sua Cfm e la Grissin Bon?

«Tutte e due sfavorite… ma noi lo eravamo davvero tanto! Reggiò è finita settima, ha dimostrato di poter battere chiunque e vinto l'Eurochallenge. Se fossi un giocatore di Siena non sarei troppo contento di affrontarla. Poi la serie è al meglio delle cinque gare, può succedere di tutto. I giocatori dovranno essere bravi a cancellare tutto dopo ogni gara, si vinca o si perda, e concentrarsi sulla successiva».

Vuol dire qualcosa al suo vecchio coach Menetti?

«In bocca al lupo e complimenti per quel che è riuscito a fare. Lo conosco da quando era il vice di Consolini nell'under 16 e nell'under 19. Di lui posso solo dir bene sia come persona, che come allenatore. Purtroppo seguo la Grissin Bon solo in tv, ma prometto che se la società mi trova un posto, una partita di play off la vengo a vedere volentieri».

Daniele Valisena