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Bellucci sveste il granata «Due i ricordi indelebili»

Bellucci sveste il granata «Due i ricordi indelebili»

«Porto nel cuore quegli applausi dopo un mio errore e la salvezza a Cuneo «Non mi aspettavo di essere accantonato ma lascio Reggio senza rancori»

21 maggio 2014
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REGGIO. Per Niccolò Bellucci probabilmente la stagione 2013/14 è stata l'ultima in maglia granata. Anche se tutto è ancora possibile, dato che l'estremo difensore fiorentino considera Reggio Emilia come la sua seconda casa, di sicuro il finale di campionato lo ha vissuto in panchina, quasi come un separato in casa, nonostante all'inizio della stagione fosse meritatamente l'indiscusso numero uno granata.

In attesa di sapere quale sarà il suo prossimo futuro, Nellucci si sta godendo le vacanze tra la sua Sesto Fiorentino ed il mare della Toscana.

Ha definitivamente chiuso con la Reggiana?

«Penso di sì – ammette il portiere – perché non avendo avuto più contatti con nessuno della società credo proprio che le nostre strade si divideranno».

Si è lasciato bene con la società?

««Sì, tutto naturale. Il mio contratto scadrà il 30 giugno quindi non sarò più un giocatore della Reggiana. Poi vedremo cosa succederà, per ora sono molto sul vago».

A lei non dispiacerebbe restare in granata?

«Dipenderà dalle opportunità che mi si prospettano, certo a Reggio sono stato bene ed è stata una piazza che mi ha dato tanto ma adesso la situazione è questa».

Con i tifosi granata si è riappacificato?

«Era stato solo un attimo nervosismo dopo la gara col Savona, più che altro per un'annata andata male, ma non avuto grandi screzi con nessuno, anzi: in generale ho sempre ricevuto tanto affetto».

Si mormora che quando le è stato preferito Leone c'è stata un po' di tensione nello spogliatoio tra lei e mister Battistini, è vero?

«Ero stato accantonato dopo una partita in cui fui espulso a gara finita ma poi Leone ha fatto bene a Como ed il tecnico ha deciso di continuare con lui. Una scelta che non condividevo anche se l'ho dovuta accettare. Poi, grazie all'errore di Leone e Cossentino con il Lumezzane, sono rientrato subito ma non vedevo comunque le motivazioni per essere stato avvicendato dopo un inizio stagione, a mio parere, buono».

Si aspettava maggiore rispetto dopo la strepitosa gara di Cuneo?

«Non solo dopo Cuneo ma dopo un po' tutta la mia storia a Reggio perché sono sempre stato alla pari con portieri come Silvestri o Tomasig. Riconosco di aver avuto quest’anno la fiducia iniziale che mi attendevo ma se non ci fosse stato l'episodio col Lumezzane sarei tornato titolare? Questo fatico a capirlo».

Di questa annata tribolata le resterà qualcosa?

«C'è poco da salvare. Forse l'idea di calcio che avevamo all'inizio ma poi si è rotto qualcosa e non c'era più la voglia di vincere le partite. Chissà, forse le troppe pretese iniziali che ci hanno portato un po' tutti a fare il passo più lungo della gamba ma in generale abbiamo fatto male e non ci sono scusanti per nessuno».

C'è un reparto che l'ha deluso maggiormente?

«E' stata messa sotto accusa la difesa, in modo anche ingeneroso, mentre io credo che fosse un reparto forte. E’ nell'insieme che avevamo tante difficoltà ma il problema più grosso è che ci sono mancati i gol, questo è stato il vero guaio. Critica non diretta a nessuno in particolare ma la realtà è che si segnava troppo poco, per essere competitivi».

Nel finale di stagione è stato praticamente accantonato. Senza obiettivi di classifica e senza futuro in granata dove ha trovato gli stimoli per arrivare a maggio?

«Devi pensare che non finisce lì e che la tua carriera va avanti quindi non puoi permetterti di smettere di allenarti e se ti alleni bene tu automaticamente fai allenare bene il tuo compagno; se mi fossi fermato avrei perso due mesi di stagione ed ora con due mesi di vacanza sarebbe stata dura ripartire l'anno prossimo».

Dei quattro anni in granata cosa si porterà dentro?

«L'applauso del pubblico dopo quel mio errore clamoroso col Portogruaro e poi la salvezza ottenuta a Cuneo, non potrò mai dimenticare questi due episodi».

Condivide il modo di fare calcio che c'è a Reggio, tra contributi per i giovani e tanti giocatori in prestito?

«Lo so che aiuta poco inserire troppi giovani ma le società spesso sono forzate a fare queste politiche per motivi di budget, quindi non mi sento di poterlo criticare. Diciamo che preferirei avere in squadra meno giocatori in prestito e più giocatori di proprietà anche per un discorso progettuale volto al futuro. Però non me la sento di colpevolizzare la società, sempre immersa in tante vicende extracalcistiche».

Vi danno realmente fastidio tutte le chiacchiere sulla proprietà?

«Nello spogliatoio ne parli ma quando stai giocando pensi solo alla partita. Forse il clima non sereno intorno può pesare ma non condiziona più di tanto e non possiamo utilizzarlo come una scusa».

Con il giovane Zima pensa di aver lasciato il testimone in buone mani?

«Non so se rimarrà ma è migliorato tanto da quando è arrivato e lo trovo un buon portiere già in grado di affrontare questa categoria da titolare».

I suoi predecessori alla Reggiana stanno avendo carriere importanti in club di serie A e B, ritiene di avere un buon biglietto da visita da spendere dopo questi quattro anni?

«Sicuramente, perché da Reggio sono passati in tanti ed è una piazza importante ed esigente quindi ti fa crescere di più di tante realtà della Lega Pro. Il mio rammarico è quello di non essere riusciti ad avere prestazioni degne del blasone della squadra ma, ripeto, personalmente questa esperienza mi ha aiutato tanto e mi potrebbe aprire scenari interessanti».

Par di capire che siamo ai saluti finali, ne ha qualcuno in particolare da fare?

«Innanzitutto al preparatore Andrea Rossi che mi ha fatto crescere tanto, però non vorrei dimenticare nessuno: i ragazzi del Caffè Europa, i tifosi, lo staff tecnico, tutti in generale perché sono stato bene e non ho remore con nessuno; so che non si può piacere a tutti ma credo di avere lasciato solo tanti amici».

Sul suo futuro non ci anticipa nulla?

«E' presto detto: non ho avuto contatti con nessuno e per ora penso a godermi queste vacanze».

Juri Panciroli

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