La rivincita di Carletto Da perdente a re di coppe
Ancelotti è il vero trionfatore di Lisbona con la decima Champions del Real Mai amato solamente dagli juventini: ovunque sia andato è riuscito a vincere
ROMA. Altro che maiale, Carletto è el gato, come a Madrid chiamano Ancelotti sostenendo che abbia 7 vite. È lui, che ha appena alzato la “decima”, a sventolare la bandiera del calcio italiano che a livello di club conta sempre meno ma che merita l'Oscar delle panchine. Con quella di sabato sono 5 le Coppe dei Campioni vinte, due da calciatore e tre da tecnico, un record, mentre un altro primato eguagliato lo accosta a un mito del calcio inglese come Bob Paisley, unico allenatore ad aver vinto, fino a ieri, tre Coppe dalle grandi orecchie. Ancelotti si è ripreso all'ultimo tuffo quella Champions sfuggitagli in modo beffardo nel 2005 a Istanbul contro il Liverpool, la stessa squadra contro cui avrebbe sognato di vincere il suo primo titolo europeo da calciatore. Ma un grave infortunio lo portò via alla Roma, e non gli fu possibile scendere in campo in quella partita di cui fra qualche giorno ricorre un trentennale doloroso per tutti i giallorossi. Dovunque è andato l'Ancelotti tecnico ha vinto, tenendo botta di fronte a personaggi del calibro di Tanzi, Berlusconi, Abramovich, Al-Khelaifi e adesso Florentino Perez, che avrebbe potuto anche esonerarlo se avesse vinto l'Atletico. Solo a Torino, in casa Agnelli, non è salito sul gradino più alto: l'Ancelotti bianconero non è mai stato amato, almeno dai tifosi. All'epoca lo fecero oggetto d'insulti riferiti a quella pinguedine frutto del suo essere ex atleta e vero buongustaio. Ecco allora un'altra Champions, da sbattere in faccia agli ultrà che gli davano del maiale, come la prima conquistata da tecnico, alla guida del Milan e a spese proprio della Juve, battuta ai rigori in quel di Manchester. Ancelotti ha dimostrato, con la calma trasformatasi in gioia solo dopo il gol di Marcelo, di essere più forte anche delle ossessioni madridiste, contro cui era andato a cozzare perfino Mourinho. La notte di Lisbona è stata quella del trionfo più atteso, del club più famoso del mondo che vede concretizzarsi il sogno a lungo inseguito: merito del tecnico maestro di calcio e psicologia. È il gruppo Real che ha vinto, creato da un tecnico con cui tipi tosti come Marcelo e Casillas non hanno mai fatto storie quando si è trattato di andare in panchina.