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Kobe: «Tutto il mio amore per Reggio»

di Franco Dallasta
Kobe: «Tutto il mio amore per Reggio»

Il campione di basket cresciuto nella nostra città ieri pomerigio ha incontrato tanti sportivi nel cortile del liceo Spallanzani

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REGGIO EMILIA. L’annuncio era “scivolato” via Facebook senza clamori ufficiali, eppure ieri pomeriggio alcune centinaia di persone e di appassionati di basket si sono ritrovati nel cortile del liceo Spallanzani, in via Franchetti, per attendere l’arrivo del mitico Kobe Bryant, il grande cestista dei Los Angeles Lakers, nato a Filadelfia ma cresciuto sportivamente proprio a Reggio, dove il padre John giocava nella storica Cantine Riunite. E Kobe è rimasto, si può dire, un reggiano a tutti gli effetti per la sua voglia di stare in mezzo alla gente (anche se ora è circondato da uno stuolo di guardie del corpo stile Mib anche in piena estate e con un caldo insopportabile) e “sfuggire” al loro controllo per stringere mani e firmare autografi o abbracciara una ragazza che compie 18 anni. I ragazzi della Kobe Academy e della Grissin Bon, nell’attesa dell’arrivo di Bryant, danno spettacolo sul campetto di basket, poi, quando Bryant e il suo stuolo di accompagnatori scende dal pullman, si scatena l’applauso del pubblico presente.

Non è chiaro il protocollo, gli addetti dicono che Kobe non parlerà e invece, quando arriva viene accolto dai suoi vecchi amici reggiani Davide Giudici (zio di Piero Montecchi) e Christian Ward che si confondono tra i giovani giocatori in campo. Poi Kobe Bryant viene preso d’assalto dalle domande del pubblico che, ovviamente, gli chiede se tornerà a Reggio, magari come dirigente della Pallacanestro Reggiana, così come un altro grande sportivo di Los Angeles, Mike Piazza, ha deciso di sostenere la squadra di calcio. E la risposta di Kobe è proprio: «Magari!» come a dire che gli piacerebbe tanto tornare ad abitare a Reggio, magari con i suoi figli, ai quali ricorda sempre «l’amore» che ha trovato qui a Reggio, un paese totalmente agli antipodi di Los Angeles, dove i rapporti umani sono difficili e dove è impossibile girare per strada e sentirsi dire solo “Ciao, Kobe!”.

Il campione, che ha lasciato il basket in aprile, conferma di non avere più intenzione di tornare sui parquet per giocare, ma solo per promuovere anche in Italia, la sua scuola di basket, basata su principi di lealtà, di resistenza, di rispetto reciproco. Un’attività - dice - che gli prende ormai molto tempo e quindi, anche in questa occasione, il suo ritorno in Italia è stato determinato dalla presentazione della Kobe Academy prima a Milano, nei giorni scorsi, e poi a Reggio. Ma ai giornalisti reggiani ha confidato di essere tornato una volta a Montecavolo ma in segreto.

Kobe ha avuto parole di riconoscenza e di grande nostalgia per Reggio: «Quando ero giovane non pensavo che in una piccola città come questa si potesse realizzare il sogno di andare a giocare nella Nba, e invece proprio qui ho trovato la mia personalità, la formazione sportiva e umana per lottare per il futuro e la carriera».

Non mancano le domande sui suoi ricordi reggiani e Kobe racconta di una singolare recita fatta ai tempi del liceo quando dovette improvvisarsi ballerino, e si vede che per lui, anche quelli sono ricordi belli della sua reggianità. Qualcuno gli chiede se ha letto il tweet che gli ha inviato e ovviamente Kobe si mette a ridere: «Ma come credi che faccia a leggere tutti i tweet o i messaggi che mi mandano?»

E in effetti la sua popolarità si misura anche dall’entusiasmo dei tanti giovani reggiani, presenti per questa “toccata e fuga” del grande campione di basket reggiano-americano che si dice ancora felice di avere vissuto in questa piccola città dove si è fatto tanti amici.

Tuttora, conferma Kobe, segue le vicende della Pallacanestro Reggiana e ha parole di elogio per gli ottimi risultati raggiunti in questi anni con la conquista del titolo di vice-campioni d’Italia per due volte, anche se ammette di non conoscere bene tutti i giocatori della Grissin Bon. Poi, dopo le interviste alle televisioni, torna verso il pullman mentre tante mani si allungano per ottenere un autografo al grido di “Kobe! Kobe!”.

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