Di corsa per 45 ore Federico Crovetti completa l’Ultra Trail sul Monte Bianco
L’ingegnere reggiano ha corso col Primo Tricolore sulle spalle «Non smetto di sognare: ora punto a salire sul Monte Rosa»
Nicolò Valli
reggio emilia. Quarantacinque ore per scalare il Monte Bianco. Non in bici e neanche con gli sci, ma semplicemente correndo. È l’incredibile impresa compiuta dal reggiano Federico Crovetti, ingegnere che lavora attualmente a Mirandola. La passione per lo sport e l’amore per la montagna lo hanno gradualmente avvicinato al mondo delle corse estreme, e così eccolo completare in quasi due giorni la gara nell’Ultra Trail a Chamonix.
«La mia prova è durata da venerdì a domenica scorsi - afferma Federico, nipote di Sandro ex dirigente della Pallacanestro Reggiana - viene classificata come Ultra qualsiasi gara oltre i 40 km, questa aveva una distanza da completare di ben 172 km. C’erano cento nazionali diverse allo start: siamo partiti appunto dalla Francia per ritornarvi, passando dall’Italia e dalla Svizzera. Eravamo in 2347, io sono arrivato 1340°. Più di 800 atleti si sono ritirati e 1521 ce l’hanno fatta, ciò vuol dire che ne ho messi dietro diversi in quella che è una prova prestigiosa».
Crovetti giocava a calcio e tennis, poi sette anni fa ha provato questa disciplina convinto da suo fratello. I sacrifici non sono pochi, ma vengono ripagati dai risultati e dalle esperienze vissute.
«Mi alleno in collina, e una volta ogni dieci giorni salgo sul nostro Appennino - continua - il percorso prevedeva sentieri di montagna, di conseguenza in salita camminavo e in discesa correvo. Eravamo a contatto con la natura e era facile incontrare marmotte o stambecchi. Io non ho praticamente dormito, ma volendo c’erano piste ristoro con brandine per ricaricare le batterie».
Da reggiano ha gareggiato con il Primo Tricolore sul alle spalle.
«Mi sono portato il Tricolore grazie alla disponibilità di Giorgio Cimurri. Non sapevo se effettivamente sarei arrivato al traguardo ed era anche un modo per far conoscere la storia di questa bandiera: gli altri connazionali pensano infatti che i tre colori siano nati dopo la seconda guerra mondiale, e invece ho spiegato loro che non è così. Per il futuro mi piacerebbe raggiungere la Capanna Margherita sul Monte Rosa con mio fratello, in quella che sarebbe una gara a coppie. Non smetto mai di sognare anche perché chi non ha sogni non vive».
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