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L'intervista a Giuliano Razzoli: «Con una medaglia avrei smesso... Ma vado avanti»

Giuseppe Galli
Giuliano Razzoli
Giuliano Razzoli

L’olimpionico di Vancouver commenta in lacrime la gara nello slalom olimpico di Pechino, chiusa all'ottavo posto a soli 26 centesimi dal bronzo

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L’INTERVISTA

Non riesce a trattenere le lacrime, Giuliano Razzoli, dopo l’ottavo posto nello slalom olimpico, arrivato dopo una splendida seconda manche, in cui ha fatto segnare il quarto tempo. Sognava di salire sul podio, però, per bissare la storica impresa di Vancouver: «Sono estremamente emozionato – commenta soddisfatto _, lo sport è bello perché insegna a inseguire i propri sogni e a crederci fino all’ultimo. Così facendo, ci sono arrivato proprio vicino. Le mie lacrime non sono di delusione ma nemmeno di gioia: sono lacrime anche un po’ di tristezza, per aver visto sfumare tutto per poco. Ma lo sport è questo: ti insegna a guardare avanti, a dare la mano agli avversari che sono stati più bravi di me».

Se dopo la gara prevale il rammarico per non essere salito su quel podio che era a portata di mano (ha chiuso ad appena 26 centesimi dal norvegese Foss-Solevaag, medaglia di bronzo), resta la consapevolezza di aver fatto qualcosa di grande: «Sono emozionato per quello che ho fatto, per essere stato qui a giocarmi la medaglia 12 anni dopo Vancouver. Con una medaglia olimpica, avrei salutato probabilmente lo sci: ora, però, voglio lasciare con un altro podio e con Kitzbühel ho ancora un conto in sospeso, qualche credito da portare a casa: andrò avanti anche l’anno prossimo».

Poi Giuliano analizza le due manche, per capire dove ha lasciato quei tre decimi maledetti che gli hanno impedito di coronare il sogno di medaglia: «Non è da tutti arrivare a giocarsi il bronzo, lo so che non è da tutti e devo essere soddisfatto di quello che ho fatto. E lo sono tantissimo. Mi son giocato la medaglia olimpica, dopo una stagione di Coppa del Mondo (che non è ancora finita, ndr) in cui ho sciato bene e ho lottato con i giovani. Ci credevo, ho preparato queste Olimpiadi benissimo ed ero carico, anche se sapevo che sarebbe stato difficile e che saremmo stati tutti vicinissimi, perché la pista non era così selettiva».

Pur senza dirlo, Razzoli fa capire che qualche rimpianto c’è, soprattutto per le uscite di Kitzbühel e Schladming in Coppa, dove avrebbe potuto conquistare risultati importanti, che gli avrebbero permesso di partire nel primo gruppo a Pechino, con un pettorale migliore del 18: «Sicuramente partire davanti mi avrebbe aiutato nella prima manche, mentre nella seconda non ho molto da recriminare. In appoggio su un piede all’inizio... forse sì, li ho perso quei 2/3 decimi che mi son costati la medaglia ma complessivamente è stata un’ottima manche. Per fare medaglia bisognava esser perfetti in tutte le curve e io, purtroppo, non lo sono stato alla decima porta, quindi non è stato abbastanza».

Tanti altri campioni sono rimasti fuori dal podio, vedi il norvegese Kristoffersen, e tanti altri il Razzo se li è messi alle spalle, per non parlare di quelli che sono saltati: «Il livello di questo slalom è stato pazzesco – conclude l’olimpionico di Vancouver _, nella prima manche avevo otto decimi di ritardo dai migliori e l’ho pagato, anche se partendo con il 18 non è mai facile fare il tempo. Se rischi troppo esci: è stato bravo Strolz (partito con il 19, subito dopo Razzoli, chiudendo primo nella prima manche e medaglia d’argento, ndr) ma ha rischiato tanto. La seconda manche è stata ottima ma non è bastata, mi sarebbe piaciuto finire con una medaglia».



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