Calcio dilettanti
Saccani saluta il San Prospero Correggio: «Venti splendidi anni»
Luca Cavazzoni
L'ormai ex direttore generale biancazzurro ripercorre il cammino da difensore a dirigente
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Correggio Ha fatto parte del San Prospero Correggio per oltre vent'anni, prima da difensore centrale e poi da dirigente, ma ora il direttore generale Riccardo Saccani ha deciso di lasciare il club biancazzurro di Prima Categoria.
«Il San Prospero Correggio sarà sempre nel mio cuore – afferma Saccani – perché ha rappresentato un pezzo importante della mia vita. Per motivi famigliari avevo già maturato la decisione di non prendere incarichi per la prossima stagione, dato che a breve diventerò papà. Alla figlia che è in arrivo voglio dedicare tutto il tempo che prima dedicavo al calcio».
Ricorda ancora il suo arrivo al San Prospero Correggio?
«Era la stagione 2001/02 quando lasciai la Gualtierese, accettando la proposta del tecnico Alberto Ghizzoni perché mi piaceva il suo modo di fare calcio. Da lì ho conosciuto il presidente Carlo Zini, poi tutto l'ambiente. Verso la metà del campionato successivo i medici però mi fermano per un problema di salute, dicendomi che non potevo più giocare. Mi venne a mancare qualcosa d'importante: giocare al calcio per me era tutto».
È però passato dal calcio alla scrivania in un attimo.
«Di comune accordo con la società inventammo per me il ruolo di direttore sportivo, un tipo di figura che nel San Prospero Correggio non era mai esistita. In pochi sapevano che realtà fossimo, qualcuno non riusciva a trovarci neppure sulla cartina geografica. Un paio d’anni fa c'è l’ingresso in società di Maicol Davolio come direttore sportivo, dato che io avevo bisogno di una mano».
Come ha fatto il San Prospero Correggio a crescere così tanto?
«Ci siamo dati una cultura, diventando una società a tutti gli effetti. Ognuno aveva il proprio ruolo, tra le varie figure c’era sempre il massimo rispetto reciproco. Abbiamo puntato tutto sull’entusiamo e sull'amicizia, riuscendo a fare calcio anche nei momenti più difficili. Abbiamo vinto dei campionati, ma in particolare siamo anche sempre ripartiti smaltendo ben tre retrocessioni. Questo è stato possibile perché avevamo valori importanti, oltre alla voglia di rimboccarci sempre le maniche».
Annate che non dimentica?
«La storica promozione in Prima categoria, col secondo posto dietro al Campagnola. Vincemmo lo spareggio col Casalgrande, poi quelli regionali contro Fellegara e Gotico. Poi la finale playoff contro lo United Carpi, dopo che in estate ci eravamo autoretrocessi. Battemmo una squadra nettamente più forte di noi grazie a una gara incredibile, fatta di contenimento e di ripartenze».
Dopo questa lunga avventura c'è qualcuno che vuole ringraziare?
«I miei genitori e mia moglie Licia, che mi hanno sempre supportato anche quando portavo a casa i pensieri e lo stress. Poi il presidente Carlo Zini che per me è stato un padre, oltre che tutta la sua famiglia, Alberto Ghizzoni che è stato il nostro storico allenatore, oltre al mister Massimo Carretti. Ma ringrazio anche gli avversari, perché alla domenica ognuno giocava per vincere ma c'era sempre il rispetto».
Confida in futuro di rientrare nel calcio?
«Il tempo mi farà capire se per me questo è un addio o no. Ci ho sempre messo impegno e cuore, a volte passavo giornate intere a fare delle trattative».
Come immagina il San Prospero Correggio senza di lei?
«Siamo appena arrivati terzi perdendo in un intero campionato appena tre gare, traguardo non di poco conto per una piccola realtà come la nostra. Nonostante una striscia di tredici risultati utili di fila mi ero reso conto che non c'era più il necessario entusiasmo. È giusto che la società faccia le proprie scelte cambiando quelle che fino ad oggi erano state le nostre idee di calcio».
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