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La nuova avventura dopo l’addio all’agonismo

Chiara Maccari, dai pattini al bodybuilding: «Lotto sempre per un obiettivo»

Adriano Arati
Chiara Maccari, dai pattini al bodybuilding: «Lotto sempre per un obiettivo»

L’atleta reggiana si è rimessa in gioco

03 luglio 2022
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Reggio Emilia Un salto lunghissimo, dai pattini all’allenamento per il bodybulding, lungo la traiettoria di un’infinita e mai spenta passione per lo sport e la preparazione fisica.

Lo ha compiuto la reggiana Chiara Maccari, per due decenni una delle più conosciute pattinatrici reggiane, dal 2020 diventata anche atleta di bodybulding dopo aver detto addio all’agonismo a rotelle.

Un passaggio davvero peculiare, animato dalla necessità di continuare con lo sport e di trovare nuovi obiettivi e nuovi percorsi, come racconta la 30enne ricercatrice universitaria reggiana.

«Da piccola ho fatto danza poi a otto anni ho iniziato a pattinare, era un mio grande desiderio. Ero grandina, di solito si inizia a quattro, cinque anni, ma sin da subito mi sono appassionata, mi è piaciuto e nel giro di un anno e mezzo sono passata all’agonismo, alle gare, a un ritmo di tre o quattro allenamenti settimana. E non mi ha mai pesato, anche oggi se devo scegliere fra uscire e allenamento scelgo l’allenamento», sorride.

Da allora, mai uno sosta: «ho sempre pattinato, è stata la mia vita e ho smesso molto a malincuore nel 2020: la categoria massima è over 18 e io a 28 anni, gareggiavo con ragazze di dieci anni di meno, con abitudini diverse, loro studiavano, io lavoravo, diventava sempre più complesso andare avanti».

Rimaneva l’insegnamento, altra scelta effettuata giovanissima, visto che da quando ha quindici anni Chiara è anche trainer di pattinaggio, oltre che atleta.

«Ho sempre avuto una grande passione per i bambini, avevo pensato anche di iscriversi a un liceo magistrale prima di dedicarmi invece a studi scientifici, ho iniziato a insegnare a quindici anni, ho fatto tutti i percorsi di formazione e accreditamento. E credo di lavorare bene. Come pattinatrice sono sempre stata piuttosto ansiogena e questo mi rallentava, ero bravina ma nella media, come insegnante invece riesco a gestire l’ansia delle mie allieve perché la conosco bene, quell’ansia», rivela.

E così «non mi sono mai fermata, ho sempre allenato e mi sono sempre allenata, anche dopo otto ore di università, alla sera, al sabato mattina, nei periodi di ferie». Una passione divorante, che ha travolto gli ostacoli: «diventava difficile conciliare tutto ma mi sono impuntata, ho avuto due interventi al ginocchio ma volevo tornare a pattinare e l’ho fatto, nel 2020 avevo deciso di ritirarmi, poi è arrivata pure la pandemia, e la scelta è stata fatta. Con dolore: dopo l’ultima gara, durante l’inno nazionale, piangevo come una matta».

Nel frattempo, era stata edificata la nuova strada, quella del bodybulding, generata da una serie di casualità.

«Sono una ricercatrice universitaria e lavoro a Parma, ho scelto la palestra Eden a Corte Tegge perché era comoda sulla strada, era una grande praticità – spiega –. Mi sono trovata benissimo, ho parlato con il mio allenatore Claudio Paganelli per ragionare sul riuscire a fare qualche gara col gruppo della palestra, lui ha detto che avremmo potuto provarci, mettendoci in gioco insieme».

Detto fatto.

«Una settimana dopo l’ultima gara di pattinaggio ho iniziato a seguire il programma stilato, e non avrei mai pensato di fare cambiamento fisico e mentale così forte».

Innanzitutto per i ritmi: «io mi alleno quattro volte al mattino e basta, prima erano sessioni infinite, così è perfetto, mi alzo presto, mi alleno, vado al lavoro e alla sera ho tempo per insegnare alle bambine. Vengo dalla danza e dal pattinaggio, sport molto estetici e sport di disciplina, fare allenamenti e seguire una dieta precisa non è stato un problema per me, e certo non era un problema l’idea di fare sport. Nella mia vita ho sempre trovato qualche disciplina da affrontare, a scuola ho fatto rugby, sci, nuoto. Lo sport è la mia valvola di sfogo, non si tocca, nonostante il mio percorso di studi sia altrove, in ambito scientifico».

Pian piano, ma nemmeno troppo, si approda alle prime competizioni.

«Mi ha appassionato il principio di azione e reazione: lavoro per mesi, mangio con attenzione per mesi e vedo le modifiche. Ed è anche un grande lavoro mentale, perché ti rendi conto se ti impegni ottieni qualcosa, mentre nel pattinaggio si doveva lavorare tantissimo a prescindere e poi il risultato poteva non arrivare. Il pattinaggio è uno sport individuale, tutti ti osservano in pista, è normale, non mi ha mai dato fastidio. Invece, l’idea di salire sul palco in bikini mi imbarazzava, in principio, poi in realtà me la sono goduta. Anche se non era quella la priorità: la parte che mi piace di più è quella dell’allenamento e della preparazione, mi piace lavorare per un obiettivo e questo è l’aspetto che accomuna in tutto il mio percorso sportivo».l

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