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Rossi vuole togliersi un peso «Segnare almeno un gol»

Luigi Cocconcelli
Rossi vuole togliersi un peso «Segnare almeno un gol»

Ma il vero rammarico «è la retrocessione dalla serie B»

02 marzo 2023
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Reggio Emilia Domenica, prima del match con la Carrarese, è stato premiato per aver toccato il numero di cento presenze in maglia Reggiana, che poi, considerando pure coppa Italia e playoff sono anche di più.

Un traguardo di cui Fausto Rossi va fiero e di cui si dice orgoglioso.

Adesso il prossimo obiettivo personale è quello di trovare il gol. Che, pur non facendo di professione l’attaccante, un po’ gli mancaA.

In carriera ne ha segnati pochi (eppure i piedi non gli lancano), impressa nella sua mente e negli annali resta quella in maglia Vallavolid che significò sconfitta per il Barcellona di Messi e Neymar. «Ci sono andato vicino al gol in più di un’occasione, prima della fine del campionato voglio togliermi la soddisfazione, confesso che quello zero nel tabellino marcatori un poco mi disturba».

Non ha segnato, è vero, ma quel salvataggio sulla linea in apertura di Cesena- Reggiana ai fini del risultato forse vale ancor di più…

«Sì, se ci ripenso c’è stata anche un poco di incoscienza nello stoppare il pallone sulla linea di porta, ma in quel frangente non ho pensato a chi poteva esserci nei paraggi, la palla scendeva, non c’era altro modo che quello, metterla giù e calciarla il più lontano possibile».

La maglia granata era nel suo destino. Se è vero che lei è cresciuto nella Juventus, arrivato lì in prima squadra in un match di supercoppa contro l’Inter, come tanti torinesi, calcisticamente parlando, è nato in una famiglia spezzata a metà...

«Padre e fratello ed io del Toro, mamma ed altri parenti “gobbi”, comunque non faccio fatica spiegare ai miei figli che il granata che indosso è della Reggiana, il più piccolo, tra l’altro, è nato qua, a Reggio».

Rossi, lei si sente perfettamente inserito nel tessuto reggiano. Al punto di aver anche pensato a trasferirsi qua definitivamente. Come è scattata questa scintilla?

«Non so da cosa sia nato questo amore, affetto reciproco tra e me la città, io venivo da un momento critico in Romania, avevo anche pensato di smettere di giocare, poi la chiamata di Alvini di Doriano Tosi mi hanno convinto subito, da piccolo per me la Reggiana era serie A, sapevo che era reduce da anni difficili, un fallimento, campionato di D non vinto, ripescaggio non certo, ma rimaneva una piazza importante, il feeling è sbocciato subito».

Reggiana lanciata verso la promozione, per Rossi avrebbe anche il sapore della rivalsa dopo la retrocessione?

«Certamente, non ce l’aspettavamo, gli ultimi mesi di quel campionato sono stati difficili, alla fine siamo retrocessi per un punto, se penso alle ultime due trasferte, a Pescara e Vicenza sto ancora male, sì voglia di rivalsa c’è, anche per via del campionato scorso. Reggio merita la B e vogliamo fare di tutto per portarcela, poi si vedrà».

Prossima tappa sulla via della promozione Pesaro, in una situazione che ricorda un poco la vigilia del match con il Gubbio, obbligo di vincere per presentarsi poi alla scontro diretto. Allora Cesena, qua Entella sapendo che comunque vada la Reggiana rimarrà in vantaggio…

«Sì, ma non è una frase fatta, noi dobbiamo pensare ad un match alla volta, non farci distrarre dall’impegno successivo, certo più ci si avvicina alla fine i punti pesano di più, il margine per recuperare si assottiglia».

A Pesaro domenica si preannuncia un terreno non ideale e per d più dalle dimensioni diverse, più lungo e stretto, per una abituata a giocare in ampiezza può essere un handicap?

«Su campi non belli, meno adatti alle nostra qualità tecniche abbiamo già giocato e vinto, su terreni più stretti ricordo che quattro anni fa lo stesso problema si pose in casa della Virtus Verona, grosso modo il nostro sistema non è cambiato. A Pesaro dovremo ricorrere ad altre armi, avere la consapevolezza che forse si giocherà meno e battaglierà di più».

Ultimamente vediamo un Rossi più efficace anche in fase difensiva…

«In carriera ho ricoperto più ruoli, nella Juventus facevo l’esterno, poi in Spagna ed in Italia la mezzala, il trequartista, l’interno in un centrocampo a due, il play, diciamo che per le mie caratteristiche tecniche e fisiche preferisco giocare guardando in avanti che non agire spalle alla porta. A Cesena l’allenatore mi ha chiesto di alzarmi, fare da specchietto per le allodole per poi costruire il gioco da altre parti. Sono a disposizione, l’importante è il bene della squadra e noi siamo davvero un bel gruppo, professionisti seri, basti pensare che contrariamente a quanto qualcuno paventava la vicenda del non rinnovo dei contratti in scadenza non ha inciso per nulla su di noi». l

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