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Quindici cestisti reggiani in viaggio nei luoghi simbolo del basket slavo

Quindici cestisti reggiani in viaggio nei luoghi simbolo del basket slavo

Reggio Emilia: la Fip provinciale ha organizzato un tour di otto giorni per ragazzi tra i 10 e i 14 anni. Tra le tappe, Trieste, Sarajevo e Belgrado

03 luglio 2023
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Reggio Emilia Una settimana nei luoghi “sacri” del basket slavo ed europeo. L’ha trascorsa nella seconda metà di giugno un gruppo reggiano organizzato dalla Fip provinciale, composto da 15 ragazzi tra 10 e i 14 anni, con due coach e due genitori accompagnatori.

Tante le tappe da Trieste sino a Sarajevo e Belgrado, in un viaggio ricco di luoghi importanti per la storia, cestistica e non solo, del ‘900.

L’idea è nata da una precedente esperienza del presidente Fip Davide Giudici. «Lo scorso anno ho viaggiato con la famiglia attraversando i paesi della ex-Jugoslavia e in seguito ho partecipato alla delegazione istituzionale-sportiva che ha visitato Sudafrica e Mozambico mi si è accesa una lampadina. Nei Balcani ci sono ben tre città gemellate con Reggio Emilia e ho pensato a un tour da proporre a giovani cestisti che coniugasse basket e cultura», racconta.

Da lì l’idea di portare giovani atleti della nostra provincia, per un cammino che da Trieste ha portato a Zagabria, Fiume, Zara, Sebenico e Spalato in Croazia, Sarajevo e Visegrad in Bosnia Erzegovina prima di chiudere a Kragujevac e Belgrado in Serbia.

Per i ragazzi era un mondo nuovo, per gli appassionati di basket più grandicelli un tragitto simile può apparire simile a un pellegrinaggio da Drazen Petrovic a Kreso Cosic. E non solo. «Avendo diverse ore di viaggio in bus a disposizione, ne abbiamo approfittato cercando di preparare i ragazzi in vista delle varie visite, sportive e culturali, continua Giudici. Così, gli atleti hanno potuto conoscere le storie di Petrovic, Delibasic e altre leggende del basket slavo».

Naturalmente c’è stato spazio anche per approfondimento extra-sportivi. «Abbiamo raccontato, tra le altre, la storia della Risiera di San Sabba a Trieste, della diaspora degli italiani dalla Dalmazia, della guerra degli anni ‘90, le cui ferite sono ancora ben visibili sulle pareti crivellate dai proiettili dei palazzi di Sarajevo e sugli edifici bombardati di Belgrado, e infine della strage di Kragujevac compiuta dai nazisti nel 1941».

Non sono mancati i momenti in campo, nonostante il gruppo non fosse una vera squadra, con tante differenze di età e di livello tecnico. Sono state disputate 5 gare contro formazioni straniere, a cui aggiungere due allenamenti condotti in inglese dai coach delle squadre locali. Il risultato? «Abbiamo riscontrato un sensibile miglioramento sia individuale che a livello di gruppo. Noi adulti siamo rimasti estremamente colpiti dallo spirito di adattamento dei ragazzi, che forse senza rendersene troppo conto sono stati davvero protagonisti di un’incredibile avventura», spiega sempre Giudici.

Il viaggio balcanico si unisce a quelli precedenti in Sudafrica e in Spagna, in un’accelerazione dopo le chiusure pandemiche.

«Lo sport è un ponte che può unire culture diverse e lo stop forzato a causa del Covid ha impedito ai ragazzi di viaggiare, oltre a praticare sport. Abbiamo cercato di recuperare il tempo perduto, il grande successo di queste spedizioni è sotto gli occhi di tutti», è la riflessione finale.

«Credo sia anche importante farci conoscere all’estero e viaggiare è anche un modo per attrarre, e invitare, sempre più persone straniere verso il nostro territorio». l

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