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Pastarini, un signore d’altri tempi mai sopra le righe

Linda Pigozzi
Pastarini, un signore d’altri tempi mai sopra le righe

Gianni, tra i fondatori e storico direttore della Pallacanestro Reggiana, sapeva conciliare determinazione, umiltà e disponibilità

22 febbraio 2024
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Reggio Emilia Settembre 2014, festa del quarantennale della Pallacanestro Reggiana.

Il foyer del teatro Valli si sta riempiendo. Ci sono tutti: campioni del passato e del presente, allenatori, dirigenti, rappresentanti istituzionali.

Mi avvicino. Tu mi sorridi e poi dici: «Non vorrai intervistarmi, eh...».

Alle mie rimostranze perché, in fondo, quella che compie quarant’anni e ha appena messo in bacheca il primo trofeo internazionale della propria storia è una tua creatura, rispondi convinto: «Non ho poi fatto tanto» mi dici, anche se sai che non è vero.

Poi, con pazienza, ti fermi a rispondere a me e a tutti gli altri col registratore o la telecamera in mano.

In un mondo dove regna l’arroganza e i “no” vengono detti come prova di forza, tu, con infinita umiltà, non ne hai mai detto uno, neppure alle mie richieste “impossibili”.

In un mondo dove lo scontro è all’ordine del giorno, hai sempre saputo mediare, con calma e determinazione.

Dietro alla tua gentilezza, all’educazione da signore d’altri tempi, c’era carattere. Tanto carattere. Quello vero, quello che non ha bisogno di essere urlato, esibito o fatto pesare in alcun modo.

Perché diciamocelo, Gianni, non me ne hai mai fatta passare una.

«No, Lindina così non va bene. Sei troppo polemica» mi dicevi.

Per te sono sempre stata “Lindina”, nonostante l’altezza o l’età che cresceva. Di fianco a te diventavamo tutti piccoli, anche i giganti “ingovernabili” di oltre 2 metri. Con equilibrio e intelligenza, senza mai un eccesso, ci facevi rigar dritto.

Eravamo tutti tuoi “ragazzi”: cestiti, allenatori, dirigenti, giornalisti. Coi giocatori, poi, avevi la capacità di creare legami anche in pochi mesi. E con tanti di loro, quel legame non s’è mai più spezzato.

Ti ho visto, vero come nessun altro, scoppiare a piangere per Pino, per Mike.

Ti ho visto emozionato nel ricordare le gioie che ti aveva dato la squadra dei primi anni ’80, cui sei rimasto legatissimo sino all’ultimo. Li chiamavi sempre per nome, quei ragazzi delle Cantine Riunite che ho visto sostenerti il giorno del funerale di Anna, riconoscenti per aver contribuito così tanto alla loro crescita, umana e professionale.

E non l’hai fatto solo con loro, Gianni. Perché se oggi sono qui a scrivere è anche perché tu sei stato lì per tanti anni a spiegarmi disincantato cosa c’è dietro la patina dorata di un mondo complesso, mettendomi in guardia dalla trappola dei «giudizi affrettati», ripetendomi di «essere sempre unica» e di «non seguire mai quello che fanno gli altri».

Avevi il dono più raro, Gianni, quello che solo le persone nel contempo intelligenti e sensibili possono avere: la capacità di ascoltare. Che unito alla disponibilità all’aiuto, al venire sempre incontro alle richieste, ti ha reso straordinario.

Ti ho chiesto l’impossibile, Gianni, e tu non mi hai mai detto di no.

Non ne eri capace. 

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